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“Inspiration” from Nat King Cole, intervista a George Benson

Inspiration, il tuo ultimo lavoro discografico è essenzialmente una sentita dedica all’opera e alla figura di Nat King Cole. Come, quando e perché ti è venuta l’idea di questo tributo e quanto tempo ti è occorso per inciderlo?

L’idea di quest’omaggio mi ha attraversato la mente per molti anni ma non ero convinto della sua importanza. Successivamente ho incontrato il mio nuovo produttore John Burk che al contrario mi ha spinto a riconsiderare la faccenda come un passo importante nel contesto della mia carriera, proprio perché Nat King Cole era l’artista a cui volevo assomigliare e che ho amato fin da ragazzino. L’album ha preso forma lentamente. Nel 2009 avevo già iniziato a eseguire dal vivo parte del suo repertorio, trasformando poi quel tour mondiale in un vero e proprio tributo.
Dipoi ho continuato a presentare e a conservare diversi brani di Cole nelle scalette dei miei concerti, tipo Route 66,Smile, e When I Fall In Love.
All’epoca, più che a un disco pensavo a una sorta di documentario filmato, un video o un DVD, ma in seguito Burk mi ha convinto e abbiamo registrato il tutto molto velocemente.

Nat King Cole al microfonoTra te e Nat King Cole ci sono evidenti differenze di timbro e impostazione vocali. Cole era un baritono mentre tu sei un tenore. Però se guardiamo all’abbinamento della voce con la rispettiva perizia strumentale, queste si annullano e le somiglianza risultano a dir poco straordinarie. Che opinione hai a tal riguardo?

Come musicista Cole era impeccabile, il suo modo di suonare e intendere il piano era davvero unico.
Quanto a me, all’inizio la chitarra non mi interessava. Ero un cantante e amavo soprattutto cantare. Da piccolo tutti mi cercavano e mi dicevano “Little George Benson canta un po’ per noi”.
Durante l’adolescenza, invece, iniziarono a ingaggiarmi e a volermi soprattutto come chitarrista. Così verso i diciassette anni mi capitava di suonare in tante band ma pochi volevano che partecipassi alle jam session, perché con la chitarra suonavo jazz in un modo troppo fuori dagli schemi.
Poi mi capitò di ascoltare Charlie Parker e il suo sassofono. Ne rimasi profondamente impressionato e negli anni seguenti cercai di trasferire le sue intuizioni e improvvisazioni nel mio stile di chitarrista.
Subito dopo tornai a studiare Nat King Cole, soprattutto per ciò che hai sottolineato, vale a dire quella magica relazione e simbiosi tra voce e strumento.
Vedi, non ho potuto conoscere Nat King Cole di persona, e sono stato molto triste il giorno in cui ci ha abbandonato. Però poi ho voluto incontrare e conoscere tutti i suoi parenti e familiari; suo fratello, sua moglie, sua figlia. Era l’artista e il musicista a cui valesse di più assomigliare. Era benvoluto da tutti e tutti volevano sentirlo cantare e suonare. Oggi, in qualche modo, sento di far parte anche della sua famiglia.

Tra i tanti ospiti presenti nel disco trovano posto anche gli elementi della Henry Mancini Institute Orchestra. Come è avvenuta la loro scelta? Inoltre, l’orchestra farà parte dello spettacolo che offrirai ad Avella?

George Benson e Wynton Marsalis insiemeTutti gli ospiti che hanno partecipato alla realizzazione del disco sono stati indicati e scelti dai miei produttori. Tranne Wynton Marsalis la maggior parte di essi neanche li conoscevo, né li avevo mai sentiti. Mi sono fidato di quelle scelte e alla fine ritengo che siano state particolarmente felici e indovinate.
Stesso dicasi per la Henry Mancini Institute Orchestra. È formata da musicisti molto giovani ma estremamente volenterosi, disciplinati e versatili. L’esperienza che ho avuto con loro in sala di registrazione, in Florida, è stata senza dubbio una delle più belle e appaganti di questi ultimi anni. Di solito l’orchestra interviene e suona in molti concerti americani. Ma ad Avella non sarà presente. Lì suonerò con un sestetto. Il settanta per cento della scaletta si concentrerà su materiale di Nat King Cole mentre per la restante parte si potranno ascoltare i miei pezzi più famosi per i quali la gente mi conosce.

“Inspiration” si apre con una registrazione di Mona Lisa cantata all’età di otto anni e suonata con l’ukulele. Che ricordi hai di quel periodo e di quell’esperienza?

Quando avevo sette anni il mio patrigno suonava la chitarra ma io avevo le mani e le dita troppo piccole per poterla maneggiare. Così accadde che un giorno lui mi regalò un ukulele che aveva riparato e ridipinto dopo averlo trovato per caso rotto e malconcio tra la spazzatura. Con quello strumento mi insegnò i primi accordi e potei fare la mia fortuna suonandolo per strada, in giro nel quartiere dove abitavo. Mia madre invece mi faceva partecipare piccolissimo a delle competizioni canore. A una di queste appartiene e risale il nastro che lei aveva conservato. In quel caso il premio era di poter registrare gratis un brano in uno studio vero. Così quando vinsi la gara mi portarono allo studio, tirai fuori l’ukulele e scelsi di cantare “Mona Lisa”, la mia canzone preferita di Nat King Cole. Il mio produttore mi ha consigliato di utilizzare quella registrazione e di metterla all’inizio del disco, così che si potesse notare la differenza con ciò che ero poi diventato ascoltando “Just One of Those Things”, il brano collocato subito dopo.

Nella tracking list di “Inspiration” c’è chi ha notato l’assenza di alcuni brani più ritmati e pregni di groove latino come il son cubano di Quizas o lo standard Aquellos Ojos Verdes. Quale criterio ha seguito la selezione del materiale poi confluito nel disco?

Ho voluto dare precedenza soprattutto alle composizioni dei primordi, quelle che agli americani di vecchia generazione piaceva ascoltare alla radio, i classici immortali che oggi i giovani, sentendo citare il nome di Nat King Cole, non conoscono affatto o conoscono poco. Abbiamo realizzato quest’album affinché il nome di Nat King Cole non fosse dimenticato e perché questo è il materiale per cui merita d’essere ricordato.

Geroge Benson  con la sua chitarra Ibanez GB10

Dopo così tanti tour e dischi la nota Ibanez GB10 resta ancora tuo il modello di chitarra prediletto? Che tipo di sound consente di esprimere questo strumento?

Ci sono diverse ragioni per cui ho deciso di ideare e far realizzare questa chitarra. In primo luogo quello di avere una chitarra solida e affidabile da portare “on the road”. Capita spesso che le chitarre subiscano lesioni e incidenti durante gli spostamenti in auto o in aeroplano. L’altra ragione principale era di avere una duttilità d’approccio tale che fossi io quello che definiva un certo stile o la produzione di certi effetti e suoni sulla chitarra e non viceversa.

Ad Avella, nel sud Italia, ti esibirai in un antico anfiteatro romano. Quali sensazioni provi quando tieni concerti e suoni in luoghi del genere? Influenzano o modificano qualcosa del tuo approccio alla musica?

Pomigliano jazz Anfiteatro romano di AvellaIn generale ogni sito o posto è buono per fare dei concerti. In giro per il mondo mi è capitato di suonare davvero ovunque, posti al chiuso o all’aperto, e di solito ho potuto ricavare splendidi risultati e offrire ottimi spettacoli. Ad Avella spero ci sia tanta gente per lo show. Mi hanno descritto il posto come qualcosa di unico e magnifico, ottimo per accogliere tantissimo pubblico. Ovvio che ogni situazione e ambiente regali e sprigioni qualcosa di unico, diverso e irripetibile, sia per il musicista che per il pubblico. In Italia ci sono magnifici posti per suonare e fare concerti all’aperto, le condizioni meteo e il vostro invidiabile clima estivo poi favoriscono questo genere di situazioni. Spero che lo show di Avella dia al pubblico le emozioni e la felicità che merita, qualcosa di speciale da serbare nel cuore e nella memoria per sempre.

In tutto il mondo il repertorio della canzone classica napoletana è qualcosa molto amato e apprezzato. Lo stesso Chick Corea, esibendosi qualche mese fa in un famoso teatro di Napoli, suonò ‘O sole mio accompagnato dal coro del pubblico. Conosci questo repertorio e potrebbe accadere di ascoltare qualche tipo di omaggio alla tradizione della canzone napoletana al Pomigliano Jazz Festival?

Lo escludo, però ti rivelo una cosa. Uno dei miei cantanti preferiti è Dean Martin e tramite le sue canzoni ho imparato i più bei motivi legati a Napoli e alla canzone italiana. Ogni volta che mi capita di ascoltare Dean Martin penso subito a Napoli e immagino i più bei posti dell’Italia. D’altronde la canzone popolare italiana ha esercitato una forte influenza sulla storia e sull’evoluzione della musica americana, grazie soprattutto ad artisti quali Dean Martin e Frank Sinatra.

Un’ultima domanda e curiosità di carattere personale. Cosa fa di solito George Benson nel tempo libero?

Prima che tu mi chiamassi al telefono mi stavo esercitando con la chitarra. Di solito non faccio null’altro che cantare e suonare, anche con gli amici che vengono a trovarmi a casa.

 

Intervista a cura di Olindo Fortino – Sound Contest


 GEORGE BENSON in concerto all’Anfiteatro Romano di Avella | 10 luglio 2014

Biglietti on line su Azzurroservice.net oppure nei punti vendita del Circuito TicketOnLine.

Prezzi
Platea: 35 euro + diritti di prevendita (+ diritti internet per chi acquista on line)
Gradinata25 euro + diritti di prevendita (+ diritti internet per chi acquista on line)

Infoline: 081 5934001

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