Festival 2006 / Concerti e Progetti

Gianluca Petrella Indigo 4


Gianluca Petrella
Indigo 4

Gianluca Petrella (trombone)
Francesco Bearzatti (sassofoni)
Paolino dalla Porta (contrabbasso)
Fabio Accardi (batteria)

Con il quartetto Indigo 4, di recente costituzione, il trombonista pugliese riesce ad unire il senso più vivo della tradizione con le istanze più moderne del suono contemporaneo. Curando particolarmente il “suono” e mediando le prospettive in maniera davvero creativa, nel nucleo concettuale delle filosofie del gruppo trovano addirittura spazio tracce dixieland e quell’impronta di “musicista alternativo” che Gianluca propone anche in altri aspetti della sua produzione. Lavorando da solo nel proprio studio, tagliando e cucendo loop, pattern, campionature e “nuovi suoni” elettronici (Gianluca si diverte spesso ad “uscire” dai panni del jazzista, proponendo travolgenti serate “deejay set”, che lo vedono spesso protagonista delle notti di alcuni locali di tendenza) è riuscito a tradurre il materiale base per un quartetto, senza però, opportunamente, perdere di vista la matrice acustica e fondamentalmente jazzistica che ogni gruppo che si rispetti non dovrebbe dimenticare di portare con sé. Un gruppo giovanissimo che riesce sempre a sorprendere per una straordinaria energia di base e con, in più, in organico, oltre alla propulsiva spinta del leader, l’esperienza di un “grande” come Paolino Dalla Porta, il talentuoso apporto di Fabio Accardi (tra i nomi nuovi più seguiti anche Oltralpe) e il miglior “nuovo talento” del jazz nazionale 2003 (“Musica Jazz”), Francesco Bearzatti. L’amore per il jazz trasmesso dal padre, anch’egli trombonista, gli studi in conservatorio, ultimati col massimo dei voti, la partenza per la Germania, dove è rimasto per qualche tempo, la partecipazione a variegate esperienze musicali e le prime incisioni che ne hanno messo in risalto il non comune talento: sono queste, in sintesi, le tappe che hanno permesso a Gianluca Petrella di assurgere progressivamente a meritata fama. Dopo aver suonato nei gruppi di Roberto Ottaviano e Roberto Gatto, oltre che nell’Orchestre National de Jazz sotto la direzione di Paolo Damiani, Petrella fa oggi parte in pianta stabile del quintetto di Enrico Rava e, dopo aver registrato il suo primo album come leader per una piccola etichetta, è approdato allo storico marchio Blue Note per registrare Indigo 4. A ciò va aggiunta la vittoria, a pari merito con Franco D’Andrea, conseguita nel “Top Jazz 2005″ di Musica Jazz, come miglior musicista italiano dell’anno.

John Surman & John Taylor

John Surman & John Taylor

John Surman (sassofoni)
John Taylor (pianoforte)

Attivissimi sin dai primi anni Sessanta, John Surman e John Taylor sono tra i musicisti britannici che meglio hanno impresso il loro originale tratto stilistico nel panorama jazzistico internazionale. Sia il sassofonista (virtuoso del sax baritono, oltre che tra i massimi specialisti contemporanei del sax soprano e del clarinetto basso), sia il pianista hanno collezionato un notevolissimo numero di esperienze in vari ambiti espressivi, da piccoli gruppi a organici di ampie dimensioni. In tutti questi anni, il sodalizio fra Surman e Taylor non si è solo consolidato ma ha portato ad esiti artistici di eccellenza, come dimostrano vari dischi incisi in duo (“Ambleside Days”) e in altri contesti, fra i quali i due ECM “Stranger Than Fiction”, in quartetto con altri due veterani del jazz inglese come il contrabbassista Chris Laurence e l’ex batterista dei Soft Machine John Marshall, e “Proverbs and Songs”, con Taylor nelle vesti di organista. Dal vivo il duo inglese è capace di un sound che da sempre riesce a coniugare il jazz con la cultura e la sensibilità della scuola europea colta (soprattutto del Novecento storico) e delle tradizioni popolari non solo nordiche ma persino dell’Asia orientale. In questa compresenza fra colto e popolare, spetta a Taylor il compito di tenere le fila e i rapporti di contaminazione fra classica e jazz, mentre Surman dà vita ad una sorta di folclore virtuale che non mancherà di affascinare il pubblico. E così l’ascoltatore passa dalle pagine di Bartòk e Stravinskij, a quelle del pop inglese, fino a Coltrane, nella piena valorizzazione di quell’arte musicale dell’oggi che coniuga con equilibrio storia, sperimentazione e improvvisazione.

Nguyen Le

Nguyén Lé

Nguyén Lé (chitarre)
Cathy Renoir (voce)
Etienne Mbappe (basso)
Francis Lassus (batteria)

Nguyén Lé è una delle più importanti figure della scena musicale francese sin dagli anni Ottanta. Sfuggendo a qualsiasi definizione troppo restrittiva, il chitarrista spazia con grande tecnica ed originalità tra rock, funk, jazz, musica contemporanea e musica etnica (africana, caraibica, algerina, vietnamita, indiana).
Nato nel 1959 a Parigi da genitori vietnamiti, inizia a suonare la batteria all’età di 15 anni, poi la chitarra e il basso elettrico. Dopo essersi laureato in Arti Visive, si dedica alla musica formando gli Ultramarine (1983), una delle prime band multietniche in Francia, con cui realizza l’acclamato album “D锝. Nel settembre 1987 entra a far parte della French National Jazz Orchestra, con la quale suona al fianco di artisti del calibro di Johnny Griffin, Louis Sclavis, Didier Lockwood, Carla Bley, Steve Swallow, Randy Brecker, Toots Thielemans, Steve Lacy, Dee Dee Bridgewater, Gil Evans e Quincy Jones. Incontra quindi Michel Portal e Nana Vasconcelos. Numerosi sono gli album da solista e le apparizioni nei lavori di altri grandi artisti. Nel 1995 entra a far parte della WDR Big band. Partecipa inoltre al Festival di Stuttgart al fianco di Trilok Gurtu, Cassandra Wilson e molti altri. Successivamente lavora con John McLaughlin, Markus Stockhausen, Enrico Rava e Michel Petrucciani. Nel gennaio del 1997 registra “Three Trios”, album con cui gira il mondo in tourrnée che toccano l’America, l’Australia e l’Europa. Si moltiplicano intanto le collaborazioni con artisti provenienti da tutto il mondo: serbi, algerini, australiani, austriaci, italiani; da qui nasce il fortunato album “Maghreb and Friends”. Tra le altre produzioni si segnalano: “Angel” e “Metamorfosi” (in collaborazione con Paolo Fresu), “Bakida”, “Dragonfly”, “Purple” (dedicato a Jimi Hendrix), “Mangustao” e “Walking on the tiger’s tale”. Al Festival 2006, Nguyén Lé presenta in quartetto un progetto che celebra l’infuocato universo musicale di Jimi Hendrix. Un eccitante abbraccio tra l’Oriente, il jazz e la passione di un voodoo rocker.

Nnenna Freelon

Nnenna Freelon
Blueprint of A Lady – Sketches of Billie Holiday

Nnenna Freelon (voce)
Brandon McCune (pianoforte)
Wayne Batchelor (basso)
Beverly Botsford (percussioni)
Kinah Boto (batteria)

Con ben cinque prestigiose nomination ai Grammy Awards nel suo carnet – ma ci sono anche due nomination al Lady of Soul del Train Award e le vittorie del francese Billie Holiday Award e del Eubie Blake Award – Nnenna Freelon è una delle nuove, indiscusse star del canto jazz. Tra i suoi numerosi ammiratori c’è Stevie Wonder, al quale la cantante ha dedicato un intero album, “Tales of Wonder” (Concord, 2002), sincero tributo ad una delle grandi firme della musica nera. Dieci gli album all’attivo come solista, tra i quali spiccano “Heritage” (1993), “Listen” (1994), “Soulcall” (2000) e l’ultimo “Blueprint of a Lady”, un’opera musicale concepita quale doveroso omaggio al jazz delle origini ed al lavoro dell’indimenticabile Billie Holiday. Tra le sue numerose collaborazioni spiccano quelle con Ray Charles, Al Jarreau e Dianne Reeves. A tutto ciò Nnenna Freelon è giunta grazie ad innate doti vocali che col tempo hanno acquisito forza e spessore, sposandosi con una sofisticata espressività e con una invidiabile presenza scenica. E benché sia ormai assurta negli States al rango di celebrità, la Freelon pone sempre in primo piano l’idea di musica e arte come strumenti educativi e sociali. L’effetto che questa cantante ha sul pubblico è notevole: la purezza e la chiarezza della sua voce riescono a coinvolgere emotivamente anche l’ascoltatore più esigente.

Stefano Battaglia

Stefano Battaglia – Lelli & Masotti Note Sparse

Stefano Battaglia (pianoforte)
Silvia Lelli, Roberto Masotti (immagini in proiezione)
Gerardo Lamattina (controllo live-video)

Un nuovo progetto presentato in prima assoluta all’Auditorium Pollini di Padova nell’aprile 2006. La collaborazione tra uno dei più originali ed eclettici talenti di oggi, il pianista (di jazz? l’etichetta gli va molto stretta) Stefano Battaglia con Silvia Lelli e Roberto Masotti, due dei più accreditati fotografi d’arte e di spettacolo di oggi, che qui propongono un lavoro molto personale ed enigmatico. Stefano Battaglia improvvisa su una sequenza d’immagini evocative, evanescenti, astratte, non tralasciando una serie di riferimenti a compositori come Alec Wilder, Ildegarda di Bingen, e ispirandosi a figure del pensiero non solo musicale, Pasolini, Gurdjieff, per citarne solo alcuni. Il linguaggio dei suoni e quello delle immagini sono mossi dall’improvvisazione che è messa in gioco in modo libero tramite un “ascolto” reciproco che rimbalza continuamente tra orecchio e sguardo. I diversi materiali entrano in contatto secondo lo spirito del momento, lungo un canovaccio di frammenti musicali e visivi che possono richiamarsi a vicenda in modi assai diversi, da concerto a concerto.

Kirk Lightsey

Kirk Lightsey trio Estate

Kirk Lightsey (pianoforte)
Tibor Elekes (contrabbasso)
Famoudou Don Moye (batteria)

Nuova produzione discografica per Itinera, l’etichetta di Pomigliano Jazz. “Estate”, che inaugura la partnership con AECO, l’etichetta dell’Art Ensemble of Chicago, è opera di un rodatissimo trio che si muove nel solco della tradizione delle formazioni piano-basso-batteria di matrice afroamericana. Grande senso del ritmo ma anche uso magistrale della melodia. Kirk Lightsey traccia fraseggi perfettamente equilibrati nell’intensità e nella comunicativa, preferendo frasi incomplete e trattando le ballad con un tocco limpido e una enunciazione sonora profondamente swingante. Il tutto supportato da una ritmica, Don Moye e Elekes, che ne asseconda i principi chimici e nel mentre sviluppa tessuti armonici che rivelano un interplay di grande forza. Il disco si apre con un omaggio alla tradizione melodica di casa nostra, quell’Estate di Bruno Martino che si conferma essere – se mai ce ne fosse bisogno – sempre più banco di prova per jazzisti che hanno desiderio di confrontarsi con le strutture melodiche italiane. Nel disco trovano spazio anche altri momenti di poesia come Infant Eyes di Wayne Shorter e Vapallia di Keith Jarrett, anche se il punto più alto è sicuramente rappresentato dalla woodsiana Goodbye Mr. Evans (titolo anche di un celebre album di Lightsey che valse al pianista di Detroit l’ingresso nelle charts di jazz negli Stati Uniti). Un disco ricco, questo, che riserva all’ascoltatore imprevedibili soluzioni melodiche e ritmiche.
Sulla scia della contaminazione fra differenti linguaggi artistici, uno dei segni distintivi del Pomigliano Jazz Festival, il concerto del Kirk Lightsey trio sarà inoltre accompagnato da una performance pittorica di Tonino Taiuti. L’opera realizzata durante il concerto sarà poi donata al patrimonio artistico dell’Associazione Pomigliano Jazz.

Orchestra Napoletana di Jazz

Orchestra Napoletana di Jazz + I Cameristi del Teatro di San Carlo

Orchestra Napoletana di Jazz
Francesco D’Errico (coordinatore)
Marco Sannini (tromba)
Matteo Franza (tromba)
Giovanni Amato (tromba)
Vincenzo Orilio (trombone)
Roberto Schiano (trombone)
Flavio Dapiran (tromba)
Nicola Rando (sax baritono)
Andrea Santaniello (sax contralto)
Annibale Guarino (sax tenore)
Enzo Nini (sax tenore)
Giulio Martino (sax tenore)
Carlo Lomanto (voce)
Francesco Nastro (pianoforte)
Aldo Vigorito (contrabbasso)
Salvatore Tranchini (batteria)
Alberto D’Anna (batteria)
Antonio Onorato (chitarra)
Pasquale Bardaro (vibrafono)

I Cameristi del Teatro di San Carlo
Carlo Morelli (direttore)
Valeria Attianese (soprano)
Annapaola Stellato (soprano)
Pina Benincasa (soprano)
Gloria Mazza (soprano)
Paola Tedesco (soprano)
Gabriella Termini (soprano)
Antonietta Bellone (mezzosoprano)
Annamaria Napolitano (mezzosoprano)
Annamaria Sciarretta (mezzosoprano)
Gloria Vardaci (mezzosoprano)
Nino Mennella (tenore)
Aldo Perrotta (tenore)
Mario Todisco (tenore)
Giuseppe Valentino (tenore)
Paolo Caruso (basso)
Antonio D’Alessandro (basso e voce recitante)
Paolo Marzolo (basso)
Rosario Natale (basso)
Angela Luglio (soprano solista)

Nata per iniziativa del Circuito dei Festival Jazz della Provincia di Napoli , l’Orchestra Napoletana di Jazz unisce alcuni musicisti fra i più rappresentativi dell’area campana, coordinati dal Maestro Francesco D’Errico. L’Orchestra ha debuttato lo scorso autunno in occasione della prima Notte Bianca a Napoli e si esibirà in tutti e nove i festival del Circuito con un programma di volta in volta diverso con standard, composizioni originali di alcuni componenti e specifici tributi. Al Pomigliano Jazz Festival il progetto si arricchisce con la prestigiosa collaborazione de I Cameristi del Teatro di San Carlo, diretti dal Maestro Carlo Morelli. Nati nel giugno 1996, sono l’unico gruppo corale di un teatro di tradizione lirica ad eseguire brani della letteratura musicale americana, dallo spiritual tradizionale, al gospel, al ragtime di Fats Waller e quindi al jazz di Dave Brubeck, Count Basie, Bill Evans e Duke Ellington. Ed è proprio al leggendario Duke Ellington che sarà dedicato parte del concerto di Pomigliano, con l’interpretazione di alcune fra le partiture più significative del famoso “The Sacred Concert”. Una grande produzione speciale che regalerà al pubblico indimenticabili momenti di pura magia musicale e di grande coinvolgimento.

Gianluca Renzi

Gianluca Renzi sextet Don’t stop your mind

Gianluca Renzi (contrabbasso)
Daniele Tittarelli (sassofoni)
Jerry Popolo (sassofoni)
Raffaele Carotenuto (trombone)
Pietro Lussu (pianoforte e tastiera)
Roberto Desiderio (batteria)

Gianluca Renzi ritorna al Pomigliano Jazz Festival, prima volta da leader di un gruppo, per presentare il fortunato progetto discografico “Don’t stop your mind”. Un concerto entusiasmante con un super team della musica jazz nazionale composto da cinque musicisti, tutti provenienti da diverse aree della penisola italiana, che riescono a fondere le rispettive esperienze musicali con grande affiatamento ed equilibrio. Gianluca Renzi giunge a questo secondo lavoro discografico con la consapevole attenzione di chi tiene d’occhio il proprio percorso artistico, considerando tutte le variabili che lo possono arricchire di stimoli inattesi, aggiustamenti, focalizzazioni e rifrazioni. Gli ingredienti giusti e ben selezionati erano presenti già nel primo disco, “Looking for the right line”. Con “Don’t stop your mind”, restando saldamente ancorato all’idioma jazzistico, Renzi tiene lo sguardo rivolto verso il futuro, alla ricerca di rivitalizzanti elementi di innovazione. Come nel progetto precedente, anche in questo caso già nelle parole del titolo è presente la dichiarazione di un atteggiamento, la visione artistica alla quale Renzi aderisce con coerente convinzione: “Non arrestate la vostra mente”.

Paolo Fresu quintet

Paolo Fresu quintet

Paolo Fresu (tromba e flicorno)
Tino Tracanna (sassofoni)
Roberto Cipelli (pianoforte, piano elettrico)
Attilio Zanchi (contrabbasso)
Ettore Fioravanti (batteria)

Il quintetto di Paolo Fresu è una delle icone del jazz di casa nostra, lo è almeno da quando nel 1990 i critici della rivista Musica Jazz lo votarono come migliore formazione italiana. Da allora ad oggi, il giudizio della stampa specializzata – e non solo – non è cambiato, e la musica del quintetto è stata spesso considerata come una sorta di “via italiana al jazz”. Un ventennio di attività consacrato in questi ultimi anni con una serie di incisioni per la prestigiosa Blue Note che ne celebra la creatività, la freschezza e la longevità. Vent’anni di esperienza nobilitata ai massimi termini, sistematicamente capace di trasmettere splendide emozioni grazie all’interplay generato dalla fusione delle cinque altissime personalità artistiche che lo compongono. Il quintetto riesce a trasmettere un affiatamento ed una coesione tali da rendere riconoscibile l’impronta di raffinatezza musicale che gli è propria. Nato nel 1984, il Paolo Fresu Quintet ha conquistato negli anni una fama ed un prestigio internazionali che pochi gruppi italiani riescono a vantare. Per festeggiare nel modo più coinvolgente la propria avventura, il gruppo dedica agli appassionati un intero sito web: www.paolofresuquintet.com. Alla sua costruzione hanno lavorato per mesi gli stessi componenti il quintetto, pescando dalle memorie di questi intensi anni di lavoro creativo gli attimi più coinvolgenti e i ricordi più intensi.
Sulla scia della contaminazione fra differenti linguaggi artistici, uno dei segni distintivi del Pomigliano Jazz Festival, il concerto del Paolo Fresu quintet sarà inoltre accompagnato da una performance pittorica di Salvatore Ravo. L’opera realizzata durante il concerto sarà poi donata al patrimonio artistico dell’Associazione Pomigliano Jazz.

Avishai Cohen

Avishai Cohen trio
Continuo

Avishai Cohen (basso e contrabbasso)
Sam Barsh (piano elettrico e pianoforte)
Mark Guiliana (batteria e percussioni)

Avishai Cohen ritorna al Pomigliano Jazz Festival dopo le strepitose esibizioni del 2001, in trio con Chick Corea, e del 2002, con l’International Vamp Band. Definito da DownBeat “un visionario del jazz di proporzioni globali” ed incluso dalla prestigiosa rivista Bass Player nella lista dei 100 più influenti bassisti del XX secolo, Cohen è noto tanto per i suoi virtuosismi quanto per le sue originali doti compositive. Nessun bassista della scena jazz contemporanea è più tecnicamente abile e più stilisticamente riconoscibile: le sue solide linee, i suoi fraseggi cantati e riccamente melodici sono davvero unici. Oltre ad essere stato membro del nuovo trio di Chick Corea fino alla fine del 2003, Avishai ha avuto modo di accompagnare altri esponenti di tutto rilievo della scena jazz come Bobby McFerrin, Herbie Hancock, Roy Hargrove, Wynton Marsalis, Joshua Redman, Danilo Perez, Paquito D’Rivera, Ravi Coltrane. “Continuo”, il terzo album di Avishai Cohen per la sua etichetta Razdaz ed il settimo come leader, combina gloriosamente le influenze della musica classica e medio orientale e del jazz. “Questi elementi producono la combinazione di suoni che stavo cercando e creano un risultato equilibrato tra musica composta ed improvvisata,” – dice Cohen – “sono eccitato ed orgoglioso di offrire ancora alcuni momenti della mia vita riflessi nella mia musica”.

Is Jazz Ensemble 2005

Is Jazz Ensemble 2006 con D’Errico, Chekili, Moye e Lightsey

Francesco D’Errico (direzione e tastiere)

Solisti
Francesco D’Errico (coordinatore)
Marco Sannini (tromba e flicorno)
Carlo Lomanto (direzione sound painting e voce)
Lucia Canio (sassofono baritono)
Antonio Capasso (pianoforte)
Marco de Tilla (contrabbasso)

Ospiti
Fawzi Chekili (chitarra)
Famoudou Don Moye (batteria)
Kirk Lightsey (pianoforte)

Is Jazz Ensemble 2006
Anna Gaia Mariella (voce)
Chrissie Oppedisano (voce)
Salvatore Balzano (tromba)
Ciro Riccardi (tromba)
Luigi Di Nunzio (sassofono contralto)
Filippo Rocco (sassofono tenore)
Sandro Martino (sassofono tenore)
Valerio Virzo (sassofono tenore)
Gennaro Esposito (chitarra)
Alberto Falco (chitarra)
Paolo Palopoli (chitarra)
Hédi Fahem (chitarra)
Radhi Sioud (oud)
Leonardo De Lorenzo (batteria)

L’Ismez Onlus – Istituto Nazionale per lo Sviluppo Musicale nel Mezzogiorno – sceglie l’Africa come tema per l’undicesima edizione del Pomigliano Jazz Festival e lo fa affidandosi alla direzione del maestro Francesco D’Errico e a tre solisti d’eccezione: Fawzi Chekili, Famoudou Don Moye e Kirk Lightsey. L’Ismez Onlus opera dal 1979 con lo scopo di sviluppare la cultura musicale, con particolare attenzione al Mezzogiorno d’Italia, articolando la propria attività in diversi settori tra cui la formazione e la promozione dei giovani. Tra le varie attività formative l’Ismez Onlus realizza annualmente un Corso per giovani musicisti jazz dal nome Is Jazz Ensemble. Il Corso è concepito in forma di workshop, una sorta di laboratorio di scrittura musicale, di pratica esecutiva, interpretativa e d’improvvisazione e prevede, oltre all’attività  didattica, anche la promozione dei giovani attraverso l’inserimento in stagioni concertistiche e l’incisione, a fine corso, di un Cd edito dall’Ismez Onlus a testimonianza del lavoro svolto. Gli allievi frequentano lezioni e seminari tenute dai docenti Francesco D’Errico, Marco Sannini, Carlo Lomanto e seguono seminari con solisti di fama internazionale. Il repertorio prevede inoltre la pratica del sound painting, pratica musicale tra scrittura ed improvvisazione libera che coinvolge attivamente anche il pubblico. L’obiettivo del corso è quello di costituire un ensemble professionale forte di un repertorio originale. Nel 2004 i giovani musicisti dell’Is Jazz Ensemble hanno inciso un doppio Cd contenente gli arrangiamenti di colonne sonore di film italiani. Nel 2005 si sono invece dedicati agli arrangiamenti delle musiche di Henry Mancini, presentati con grande successo anche alla decima edizione del Pomigliano Jazz Festival.

Enrico Pieranunzi e Ada Montellanico

Ada Montellanico – Enrico Pieranunzi
Danza di una Ninfa

Ada Montellanico (voce)
Enrico Pieranunzi (pianoforte)

Due grandi artisti per un progetto che non mancherà di stupire ed affascinare appassionati di jazz e non. Ada Montellanico e Enrico Pieranunzi hanno realizzato per l’etichetta Egea un nuovo lavoro che è un vero e proprio viaggio all’interno del mondo poetico-musicale di Luigi Tenco. Difficile immaginare un binomio più efficace per affrontare e realizzare un’operazione così delicata come quella di dar vita a nuovi originali racconti sonori attraverso le emozionanti storie racchiuse nelle bellissime musiche e nei testi del cantautore. I due artisti che hanno firmato “Danza di una ninfa” sono riusciti brillantemente nell’impresa grazie alle eccellenti qualità che da tempo sono loro riconosciute. Ada Montellanico si è ritagliata un suo proprio importante spazio nel panorama vocale per aver reso la lingua italiana suono e improvvisazione jazzistica e per essere interprete capace come poche di far aderire il suo intimo mondo emotivo alle esigenze della narrazione. Enrico Pieranunzi, dal canto suo, si è costruito negli anni, attraverso le sue improvvisazioni e composizioni, un personalissimo universo sonoro che ne ha fatto uno dei musicisti italiani più apprezzati in tutto il mondo. Se è vero che la collaborazione Montellanico/Pieranunzi ha già prodotto in passato opere importanti come “L’altro Tenco” (1996) e “Ma l’amore no” (1997), va detto subito che “Danza di una ninfa” si presenta come un progetto del tutto nuovo, in un certo senso “rivoluzionario”, perché in esso la più raffinata tradizione cantautorale italiana si fonde col jazz più autentico e trasgressivo; così composizioni celebri come, per esempio, “Mi sono innamorato di te” e “Ho capito che ti amo”, grazie ai sorprendenti e trasversali arrangiamenti di Pieranunzi e all’appassionato, originalissimo approccio interpretativo della Montellanico, risulteranno del tutto “inediti”.

Pino Minafra Sud Ensemble
Pino Minafra Sud Ensemble Terronia

Pino Minafra (tromba, flicorno, megafono, voce)
Sandro Satta (sax alto)
Carlo Actis Dato (sax tenore e baritono, clarinetto basso)
Lauro Rossi (trombone)
Livio Minafra (pianoforte, Fender Rhodes, tastiere)
Giovanni Maier (contrabasso)
Vincenzo Mazzone (batteria, kettledrums, percussioni, Ufip cymbals)

“Questo lavoro rappresenta per me una grande opportunità per dar voce al mio vissuto musicale. Un vissuto fatto di musica sacra, bande, arie d’opera, musica antica e sinfonica, musica leggera, etnica, rock, jazz, musica improvvisata ed altro. Tutto questo, dopo essere stato digerito e metabolizzato affiora dall’inconscio e dalla memoria e prende forma in un suono caldo e generoso, dove il grido, la melodia, il ritmo e l’ironia convivono in uno strano equilibrio. Un suono tutto meridionale, che attinge da un Sud sia reale che immaginario. Un suono che non vuole e non deve piacere a tutti. E’ stato sorprendente e in una certa misura inquietante scoprire per caso che lo stesso termine, “Terronia”, era stato già usato da Rocco Scotellaro nel 1948 denotando una condizione umana ed esistenziale che esisteva allora ed esiste in parte ancora oggi. Dedico questo lavoro a lui, grande poeta e anima di un Sud sofferto e drammatico e a tutti i Sud del mondo, dove, oltre al dolore, alla miseria e alla sofferenza, si celano e si conservano ancora da qualche parte l’anima e la speranza per un mondo più giusto.” Pino Minafra

Nato nel 1951 a Ruvo di Puglia, Pino Minafra ha iniziato la carriera suonando la tromba in diverse formazioni ed è stato allievo di Nino Rota durante gli studi al Conservatorio di Bari. In quel periodo Minafra scopre il jazz, da lui sempre vissuto come eredità di vari linguaggi che spaziano tra blues e free. Fondatore dell’Italian Instabile Orchestra, Minafra ha dato vita qualche anno fa al Sud Ensemble, originariamente nata come sestetto, che amalgama tutte le sue esperienze musicali, classica ed etnica, rock, jazz ed altro creando sonorità generose in cui melodia, ritmo ed ironia coesistono in uno strano equilibrio. “Terronia”, pubblicato per l’etichetta tedesca Enja, è un lavoro pieno della vitalità e della melanconia del sud: musiche colossali sintesi di una sequenza di episodi incantevoli, sarcastici, lirici, gioiosi, sulfurei, carnevaleschi, catartici, catastrofici, spirituali e toccanti. Un sorprendente omaggio al grande spirito del meridione, incoronato dal Top Jazz come miglior disco italiano 2005. Lo stesso referendum, indetto dalla rivista “Musica Jazz”, ha premiato il Sud Ensemble di Pino Minafra come miglior gruppo 2005.

 Stanley Clarke e  George Duke

The Clarke/Duke Project

Stanley Clarke (basso elettrico)
George Duke (pianoforte, tastiere)
Phil Davis (sintetizzatore)
Ronald Bruner (batteria)

Dalle incursioni nella musica di Frank Zappa al jazz più ortodosso: Cannonball Adderly, Dizzy Gillespie. George Duke è sicuramente una delle personalità più versatili del panorama musicale afroamericano. Pianista, tra i pionieri del sintetizzatore, ma anche cantante e produttore pop (Dionne Warwick e The Cure tra i tanti). Il sessantenne musicista di San Rafael ritorna in Europa e questa volta lo fa scegliendo un fidato compagno di avventure, lo straordinario bassista Stanley Clarke, con il quale tra il 1981 e il 1990 firma tre produzioni a nome Clark/Duke Project che sono diventate vere e proprie icone della fusion anni Ottanta. Una musica, quella prodotta dai due musicisti, che insieme a quella dei Weather Report e del Davis anni ’80, spalanca le porte ad una straordinaria stagione musicale che va sotto il nome di Jazz Rock. Stanley Clark, insieme a Patitucci, Miller e Pastorius è sicuramente uno dei maggiori bassisti elettrici della storia della musica contemporanea. E se i bassisti bianchi venuti fuori negli ultimi 25 anni devono sicuramente a Pastorius una paternità artistica, Clarke no, visto che ha debuttato sia su disco che come sideman qualche anno prima del bassista dei Weather Report. Il suo modo di suonare è riconducibile a James Jamerson e ai bassisti neri della Motown degli anni Sessanta, nonché a Larry Graham (prima con Sly & The Family Stone, poi col suo gruppo Graham Central Station). Al Pomigliano Jazz Festival, Clarke e Duke riproporranno in quartetto alcune pagine di quella felice stagione musicale anche se, ovviamente, rivedute e corrette. Un nuovo sound nel solco della tradizione ma con uno sguardo alle nuove dialettiche dell’elettronica.

Javier Girotto

Javier Girotto Aires Tango Escenas Argentinas

Javier Girotto (sassofoni, flauti andini)
Alessandro Gwis (pianoforte)
Marco Siniscalco (basso)
Michele Rabbia (percussioni)

Gli Aires Tango ritornano al Pomigliano Jazz Festival con “Escenas Argentinas” (Cam Jazz, 2005), il loro particolare viaggio nelle contraddizioni, nello splendore e nelle miserie dell’Argentina. Il programma della serata prevede la proiezione delle immagini che il fotografo Giancarlo Ceraudo ha realizzato durante un reportage in Argentina e sulle quali Girotto costruisce una affascinante miscela sonora di musica tradizionale sudamericana, ritmi terzinati, il tango mediato da una sensibilità jazzistica, i richiami alle musiche etniche (soprattutto quella andina), il tutto infarcito di jazz-rock. Tessuti sonori sui quali Alessandro Gwis, circondato da tastiere e pianoforte, adagia le proprie improvvisazioni. L’efficacia delle trame sviluppate da Girotto e Gwis si devono anche (e soprattutto) agli intrecci e alle sovrapposizioni tra il basso di Marco Siniscalco e le allucinate poliritmie delle percussioni di Michele Rabbia, motore instancabile per le dinamiche del gruppo. Cuore metronomico e palpitante del quartetto, Rabbia è artefice di crescendo di intensità a volte insostenibile, ai quali fanno eco i compagni che rispondono alle sue sollecitazioni con grande interplay. Questo medesimo sentire rende ancor più commovente il dolente canto civile di Abuelas de Plaza de Mayo, dedicato alle donne, mogli e madri dei desaparecidos, che Girotto accompagna col mohoseño, un particolare flauto di legno di origine peruviana.

Giulio Martino

Scrignoli – Martino – Laviano Changing Trane

Giulio Martino (sax tenore e soprano)
Valerio Scrignoli (chitarre)
Alfredo Laviano (batteria)

“Non c’è mai una fine. Ci sono sempre nuovi suoni da immaginare, nuovi sentimenti da scoprire. E sempre, c’è il bisogno di continuare a purificare questi sentimenti e questi suoni, così che possiamo realmente vedere cosa abbiamo scoperto nel suo stato puro. Così che possiamo vedere più chiaramente quello che siamo. In questo modo, si può regalare a coloro che ci ascoltano l’essenza, il meglio di noi stessi. Ma per fare ciò, ad ogni fase dobbiamo continuare a pulire lo specchio”.
John Coltrane, 1965

Changing Trane è la musica di Coltrane secondo Giulio Martino, Valerio Scrignoli e Alfredo Laviano. E’ un Coltrane inedito, in senso interpretativo, perché se è vero che le partiture del genio statunitense sono tra quelle più sfruttate al mondo, è pure vero che non sono mai state suonate così. La pasta sonora è rarefatta, eterea, raggiungendo la plasticità di una natura morta vista dietro una cortina di vapore: evanescente e allo stesso tempo concretissima. I tre musicisti, in un ensemble dalla composizione coraggiosa, mostrano la propria versione degli evergreen coltraniani con la creatività disinibita di chi, padrone del proprio strumento, riesce a giocare con le note.

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