Festival 2010 / Concerti e Progetti

Brad Mehldau

Brad MEHLDAU

Nonostante la giovane età, appena 40 anni, Brad Mehldau è già una vera e propria star del pianoforte jazz.
Il tocco elegante e sapiente, il gusto e il timing, lo swing implacabile, la capacità di esplorare una melodia negli angoli più reconditi ne fanno un pianista tra i più amati dal pubblico e dalla critica.
Nativo di Jacksonville, in Florida, verso la fine degli anni Ottanta si trasferisce a New York, dove collabora con Joshua Redman, Mark Turner e Peter Bernstein, prima di emergere luminosamente a metà decennio come formidabile continuatore della gloriosa tradizione del trio pianistico, formato nel 1996 con Larry Grenadier al contrabbasso e Jeff Ballard alla batteria.
Ha suonato in tour e in studio di registrazione con Pat Metheny, Charlie Haden, Lee Konitz, Michael Brecker, Wayne Shorter, John Scofield e Charles Lloyd.
Ha inoltre collaborato con l’Orchestre National d’Ile-de-France e le sue composizioni sono state inserite nella colonna sonora di vari film, tra cui “Eyes Wide Shut” di Stanley Kubrick, “Million Dollar Hotel” di Wim Wenders, “Space Cowboys” di Clint Eastwood e “Ma Femme Est Une Actrice” di Yvan Attal.
Tra i suoi lavori è impossibile non ricordare “Largo” – con l’innovativo musicista e produttore Jon Brion – “Elegiac Cycle”, “Places” e il recente “Highway Rider”, un doppio album in quintetto con orchestra da camera diretta da Dan Coleman.
Nella musica di Brad Mehldau coesistono in perfetto equilibrio la sua formazione classica e la sua passione per la musica improvvisata.
Nessuno come lui riesce a condensare in un unico, inimitabile stile, la raffinatezza armonica, la ricerca introspettiva e la coralità della polifonia.
Alla quindicesima edizione di Pomigliano Jazz Festival il pianista e compositore americano presenta il suo imprevedibile concerto in piano solo, in cui insieme a brani originali e standard jazz, trovano spazio anche splendide rivisitazioni di brani pop e rock, dai Radiohead ai Beatles, fino a Nick Drake.


Roberto Masotti Eivind Aarset Michele Rabbia


Giovanni Falzone Gianluca Lo Presti Pasquale Bardaro

MASOTTI – AARSET – RABBIA – FALZONE – BARDARO
improWYSIWYG Linguaggi Fratti

Roberto Masotti concept & live video
Gianluca Lo Presti live video
Eivind Aarset chitarra ed elettronica
Michele Rabbia percussioni ed elettronica
Giovanni Falzone tromba, flicorno, elettronica
Pasquale Bardaro vibrafono e piano rhodes

WYSIWYG è l’acronimo di “What You See Is What You Get”, ovvero “ciò che vedi è ciò che ottieni”. Il termine deriva dal mondo dell’informatica e indica la possibilità (il tentativo?) di stampare un’immagine grafica identica a quella visualizzata sullo schermo del computer. Liberata dal suo significato tecnico, l’espressione “What You See Is What You Get” può diventare anche la constatazione di unâ??interazione nella sua evidenza momentanea: c’è quel che c’è, in quell’istante.
Da tale spunto parte l’idea per questa innovativa proposta visiva e musicale di Roberto Masotti, tra i più accreditati fotografi d’arte e spettacolo d’oggi, grande amico di Pomigliano Jazz.
Il format di improWYSIWYG prevede che immagini e improvvisazione musicale dal vivo coesistano in un dialogo continuo tra strumenti acustici, elettrici o elettronici, computer e schermo.
“Linguaggi Fratti” è il titolo dell’inedito progetto di improWYSIWYG prodotto da Pomigliano Jazz. Una proiezione di sequenze fotografiche appositamente create, distribuite su una timeline, viene controllata in tempo reale via computer da Roberto Masotti e Gianluca Lo Presti, mentre on stage Giovanni Falzone, Eivind Aarset, Michele Rabbia e Pasquale Bardaro improvvisano interagendo dal vivo in un continuo di rimandi tra musica e video. In gioco entrano anche brevi filmati e frammenti di sequenze fotografiche preesistenti che, dato il contesto straniante e interattivo, finiscono con l’assumere una nuova e diversa valenza. Astratte, narrative, con paesaggi, nature morte, oggetti, figure evanescenti: le sequenze fotografiche e filmiche sono scelte di volta in volta in base al grado di “sfida” che si viene a creare. Sul palco di Pomigliano Jazz, due visual artist e quattro grandi musicisti per uno straordinario concerto sperimentale dalle infinite, imprevedibili variazioni.


Jonas Kullhammar

Jonas KULLHAMMAR quartet

Jonas Kullhammar sassofono tenore
Torbjrn Gulz pianoforte
Ole Morten Vagan contrabbasso
Jonas Holgersson batteria

Da oltre un decennio, la scena jazzistica dell’Europa del Nord si sta rivelando particolarmente fertile e innovativa, una fucina di talenti e idee alla quale Pomigliano Jazz ha spesso offerto una meritata ribalta. In collaborazione con l’Ambasciata di Svezia a Roma, il Festival porta per la prima volta nel Sud Italia il sassofonista, compositore e produttore Jonas Kullhammar.
Considerato una delle nuove stelle del jazz, il trentaduenne musicista svedese presenta il suo acclamato progetto Jonas Kullhammar quartet. La band, pluripremiata in Svezia come gruppo dell’anno, ha raccolto grandi consensi anche dalla critica internazionale, in particolare in occasione dell’ultima tournée tenuta in Giappone. Paragonato da alcuni a Sonny Rollins per le scelte stilistiche e per lo spirito che lo contraddistingue, Kullhammar è un artista eclettico e completo che si è già esibito in mezzo mondo: dagli Stati Uniti alla Cina, dall’Europa al Canada. Vanta collaborazioni con Nicolai Dunger, Goran Kajfes e con la punk band svedese The (International) Noise Conspiracy. Nel 1998 ha formato il suo quartetto che, forte di un’energia esplosiva e di un grande interplay, si è rapidamente affermato come uno dei gruppi più interessanti della scena nazionale. Sei album all’attivo, l’ultimo dei quali è “Fran Och Med Herr Jonas Kullhammar”, e svariati progetti paralleli (Nacka Forum, Kullrusk, Moserobie Collective, Zetterberg Hot 5 e Jobalites) ne hanno accresciuto la fama. Con il suo sound moderno, con la sua musica melodica e introspettiva, il quartetto di Jonas Kullhammar trasporta il feeling del jazz anni Sessanta dentro le atmosfere del ventunesimo secolo.


Orchestra Napoletana di Jazz Arto Lindsay

Raizmartux_m Marivaldo

ORCHESTRA NAPOLETANA DI JAZZ
diretta da Mario Raja
ospiti Arto LINDSAY, RAIZ, MARTUX_M

Mario Raja direttore
Arto Lindsay chitarra e voce
Raiz voce
martux_m, Kocleo, Lanvideosource elettronica e dj-ing
Marivaldo percussioni
Carlo Lomanto voce e percussioni, Antonello Sorrentino, Peppe Fiscale, Matteo Franza tromba, Roberto Schiano, Alessandro Tedesco trombone, Nicola Rando sassofono baritono, Gianni D’Argenzio, Enzo Nini sassofono tenore, Marco Zurzolo, Vincenzo Saetta sassofono contralto, Pietro Condorelli chitarra, Aldo Vigorito contrabbasso, Andrea Rea pianoforte, Pasquale Bardaro vibrafono, Salvatore Tranchini, batteria

Saudade made in Brazil, fragilità pop e ritmo mediterraneo, elettronica di ricerca e canto soul, techno/dub, eccessi ritmici e tradizioni della canzone napoletana. Molteplici traiettorie espressive per garantire una performance appassionata, allegra, inedita e irripetibile. Sul palco, rivali e complici, l’Orchestra Napoletana di Jazz, diretta da Mario Raja, con ospiti Raiz, tra le più belle voci partorite da Napoli, Martux_m, uno dei principali autori e produttori di musica elettronica in Italia, Marivaldo, tra i più noti e talentuosi percussionisti brasiliani, e Arto Lindsay, chitarrista e cantante statunitense cresciuto in Brasile, uno dei più eclettici e geniali musicisti d’avanguardia.
L’idea è compiere un viaggio da Napoli a Bahia andata/ritorno, lasciando convivere universi creativi di origine diversa tra confronti melodici, bisticci armonici e improvvisazioni. Grazie alla sapienza strumentale e interpretativa degli artisti scelti, apparenti lontananze andranno a comporre un puzzle vivace e quanto mai sorprendente. La delicata voce di Lindsay affronterà ritornelli partenopei con mood di bossanova e samba digitale, a partire dal “Canto delle lavandaie del Vomero”, melodia del 1200 che costituisce il frammento di musica napoletana più antico di cui si abbia traccia.
In scaletta altri standard brasiliani, perle del canzoniere partenopeo (“Carmela”), alcuni brani di Lindsay, “Let’s Get It On” di Marvin Gaye, “Fatmah” degli Almamegretta. Coadiuvato da Lanvideosource e Kocleo, Martux_m interverrà con computer laptop, sintetizzatori e campionatori apportando contributi minimal-techno e noise-dub e sollecitando l’Orchestra ad assecondare le sue doti più free. In repertorio anche “O meu lugar” (Arlindo Cruz), “I Say I Sto ccà” (Pino Daniele), “Illuminated” (Arto Lindsay), “Accarezzame” (Nisa/Calvi): brani in cui sia Raja che Lindsay si scambieranno una direzione a gesti dell’Orchestra e dei suoi ospiti.


Trio di Salerno

TRIO DI SALERNO
Deidda – Guglielmi – Vigorito

Sandro Deidda sax tenore e soprano
Guglielmo Guglielmi pianoforte
Aldo Vigorito contrabbasso

Tre amici, tre jazzisti straordinari, tre veterani della New Orleans italiana, Salerno, danno vita ad un trio inusuale di sax, pianoforte e contrabbasso. Il risultato è un progetto dal sound misurato ed elegante, con una sintesi matura di stili e generi. Un jazz che guarda al vecchio continente, alla matrice melodica, all’armonia, alla memoria, alla poesia. Nasce così “Luna Nuova”, produzione discografica di Itinera, presentata in anteprima alla XV edizione del Pomigliano Jazz Festival.
Nel disco risaltano la ricercatezza negli arrangiamenti ed un grandissimo interplay tra i musicisti che si alternano nellâ??interpretazione dei temi e nell’accompagnamento. “Luna Nuova”, seconda fatica discografica del Trio di Salerno, segue di qualche anno il fortunato “Cantabile”, presentando un repertorio di temi originali (“Una fata Argentina”, “Pori’s Dream” e la title track), con qualche omaggio alla musica da film degli anni Settanta: le morriconiane “Deborah’s Theme” (da “C’era una volta in America”) e “Metti una sera a cena”. E ancora, standard riarrangiati come “Joy Spring” di Clifford Brown, “Crystal Love” del pianista giapponese Makoto Ozone e la splendida “Passione” di Valente-Tagliaferri. “Faber”, composta da Deidda, è invece un sentito omaggio al grande Fabrizio de André, mentre “Per Mario Silla” è un tema dell’indimenticato pianista salernitano Angelo Cermola. Un tributo, quest’ultimo, ad un artista che prese per mano un’intera generazione di jazzisti, traghettandola verso le rive della modernità.


Archie Shepp Denis Colin Marco Zurzolo

Archie SHEPP quartet
ospiti Denis COLIN – Marco ZURZOLO

Archie Shepp sassofono tenore
Michel Benita contrabbasso
Steve Mc Craven batteria
Tom Mc Clung pianoforte
Denis Colin clarinetto basso
Marco Zurzolo sassofono contralto

Musicista, autore teatrale, cantante, attivista militante, instancabile ricercatore delle proprie radici africane allâ??interno della cultura americana. Questo è Archie Shepp, per almeno un paio di decenni: gli anni Sessanta, in cui è nato e si è affermato artisticamente, e il decennio successivo, in cui ad una sempre più matura attenzione verso gli aspetti socio-culturali della musica ha anche affiancato l’attività pedagogica presso la University of Buffalo prima, e alla Massachusetts University poi.
Shepp è cresciuto a Filadelfia, in Pennsylvania, dove ha studiato pianoforte, clarinetto e sassofono, per poi concentrarsi sul sassofono tenore. Trasferitosi a New York, si unisce al gruppo del giovane pianista d’avanguardia Cecil Taylor partecipando alla registrazione dei suoi primi lavori. La sua prima importante esperienza discografica a nome proprio arriva insieme al gruppo dei New York Contemporary Five. Successivamente arrivano anche i dischi incisi per l’etichetta Impulse! insieme a John Coltrane, che per Shepp ha una profonda ammirazione. Il primo di questi dischi è “Four for Trane”, in cui partecipa anche l’amico trombonista Roswell Rudd. Shepp partecipa nel 1965 anche alle sessioni di registrazione di “A love supreme”, anche se nessuna delle tracce in cui suona viene poi inclusa nel disco finale. Nel 1965, con la pubblicazione di “Ascension”, Shepp e Coltrane diventano gli esponenti di spicco dell’avanguardia newyorchese. Emblematica la cover di “New thing at Newport”, con una faccia dell’LP dedicata a Coltrane e l’altra a Shepp. Nello stesso anno esce anche “Fire Music”, in cui si leggono i primi segni dell’afrocentrismo di Shepp. Nell’album viene recitata una poesia di Malcolm X, mentre il titolo è preso dalla tradizione della musica cerimoniale africana. La sperimentazione di Archie Shepp continua lungo tutti gli anni ’70, con album come “Attica Blues” e “The Cry of My People”.
Tra la fine degli anni ’70 e gli anni ’80, Shepp passa continuamente dal suo percorso alla scoperta della musica tradizionale africana al jazz più tradizionale, incidendo insieme a Charlie Parker, Sidney Bechet e Jasper Van’t Hof. Nei primi anni ’90 suona spesso con il trombettista francese Eric Le Lann, con cui regista Live in Paris nel 1995. “Gemini”, il suo ultimo lavoro discografico, pubblicato nel 2007, è un doppio cd registrato in Francia.
Al Festival 2010, nella sua unica data italiana, Archie Shepp ospiterà sul palco due straordinari musicisti: il clarinettista francese Denis Colin e il sassofonista partenopeo Marco Zurzolo. Un concerto inedito con un’autentica leggenda della musica afroamericana.

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