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Brad Mehldau: la musica ha rotto gli argini

Confermando ulteriormente l’azione divulgativa del Festival, le Guide all’ascolto trovano una loro ideale estensione sul web. Pomigliano Jazz ha invitato la rivista online Sound Contest ad elaborare una serie di articoli dedicati agli artisti della quindicesima edizione. Gli articoli, pubblicati sui siti pomiglianojazz.com e soundcontest.com, aiutano a conoscere meglio i musicisti e le loro produzioni parlando sia ai neofiti del jazz sia a chi invece ha più esperienza.
In questo primo appuntamento, Diego Librando ci presenta Brad Mehldau, al quale è affidata l’apertura del Festival 2010, venerdì 16 luglio.

“Introducing Brad Mehldau” sembra il titolo giusto per fare un breve punto sulla “situazione artistica” di uno dei pianisti piu’ acclamati, discussi, innovativi, criticati del nostro secolo.

Nonostante i continui paragoni con colleghi illustri, dai quali piu’ che lo stile ha mutuato l’approccio allo studio, alla sperimentazione, all’invenzione, Brad Mehldau risulta oggi piu’ che mai simile solo a se stesso. Oggi piu’ che mai, in seguito alla pubblicazione dell’ultima doppia fatica “Highway Rider” (2010) per la Nonesuch Records.

La sua formazione classica ha inevitabilmente caratterizzato la lettura, lo studio e la ricerca sugli standard, sui quali peraltro ha fondato la sua iniziale fortuna fin dal gia’ citato “Introducing Brad Mehldau” (1995). Tanto da far rilevare un superamento del concetto tradizionale di standard.

Gli standard di Mehldau sono le canzoni della sua epoca, musica “popolare” moderna, il pop-rock degli amati Radiohaed, Nick Drake, i Beatles o Paul Simon. Non piu’ solo brani della tradizione sui quali “accanirsi” in rifacimenti originali, ma composizioni contemporanee al musicista e di cui si ha ben presente la versione originale. Non piu’ un canovaccio armonico sul quale improvvisare liberamente, con stravolgimenti nella melodia e nell’armonia, ma brani dei quali si conserva integralmente il tema e la struttura armonica e in cui l’improvvisazione e’ limitata a brevi sezioni.

Il campo di prova attraverso cui Mehldau mette a punto la sua poetica e’ rappresentato in primis dalla pentalogia “The Art of The Trio”. Un’architettura perfetta, “classica”, pervade le cinque “opere”. A un lavoro in studio segue un disco live, e poi di nuovo uno in studio, che spesso riprende le stesse composizioni del precedente, come se Mehldau volesse accedere ad un livello successivo di comprensione del brano, cambiando le condizioni di esecuzione o avendone maturato nuove soluzioni. Poliritmie da “batterista” e la capacita’ di improvvisazione con entrambe le mani, quasi a “canone”, la complicita’ e l’interplay con il fido contrabbassista Larry Grenadier e Jorge Rossy, batterista con il quale e’ legato da un profondo legame di amicizia, rendono preziosa questa raccolta.

Anni di formazione e di straordinaria crescita quelli dal 1996 al 2000, quelli dei cinque “The Art of The Trio” e di esplosione del “fenomeno Mehldau”, che nel giro di pochi mesi diventa la nuova stella del firmamento jazzistico mondiale, “scoperta” di fatto nel 1997 nel corso di Umbria Jazz. Scritturato per una serie di concerti serali in un club perugino, passa dai pochi ascoltatori al palco principale e da qui ai maggiori palcoscenici mondiali.

Poi arrivò “Largo” (2001) e tutto fu chiaro. Il nuovo lavoro consacra Mehldau e consacra le sue idee, il suo modo di intendere la musica improvvisata. Dal jazz, all’elettronica, al rock, fino al post rock, “Largo” e’ un’esplosione di novita’, e’ lo sviluppo perfetto di quanto realizzato finora. C’e’ la ricerca di suoni nuovi, freschi, potenti con il ricorso a due bassi (elettrico e acustico) rafforzati dai tromboni e alla batteria+percussioni, resi aspri dall’uso dell’elettronica e addolciti dal vibrafono che talvolta si sostituisce al pianoforte. Ogni brano sembra possedere una doppia faccia, un’esplorazione iniziale dei materiali che precede la ricerca di un’improvvisazione pura e sincera fino alle piu’ ricercate dissonanze. Quest’ultima valutazione vale ancor di piu’ per le cover, riprese prima fedelmente e poi stravolte dall’improvvisazione stessa.

Buona parte del merito del successo del disco e’ da attribuirsi al famoso produttore e musicista Jon Brion, assiduo frequentatore con Brad di Largo, pub irlandese di Los Angeles. E’ lui che rende possibile alle idee innovative di Mehldau di diventare musica condivisa. E’ ancora lui che realizza la rivoluzione di “Highway Rider”, la nuova avventura orchestrale per la Nonesuch. Cambiano i protagonisti (Matt Chamberlain e Jeff Ballard alla batteria con Joshua Redman al sax e con il confermato Larry Grenadier al contrabbasso), affiancati dal vivo da un’intera orchestra diretta da Dan Coleman, ma resta inalterata la volonta’ di arrivare ad un sincretismo musicale non piu’ solo tra generi, ma addirittura tra epoche diverse. Da Strauss a Ellington, insomma.

Joshua Redman, colui che lo lancio’ nel suo quartetto nel 1994, e’ il protagonista in musica del progetto “Highway Rider”. Ed e’ anche uno dei musicisti preferiti da Brad Mehldau per le sue felici divagazioni con i suoi miti. L’incontro in duo tra il suo piano e il sax di Redman e’ un’esperienza a dir poco esaltante.

L’altro “mito” e’ Pat Metheny, con il quale Mehldau ha gia’ realizzato due dischi in duo (“Metheny Mehldau”, 2006) e quartetto (“Metheny Mehldau Quartet”, 2007) con relativo lunghissimo e acclamatissimo tour. L’accostamento tra i due ha prodotto sonorita’ trascinanti, che vanno ben oltre il puro virtuosismo. L’interplay e la vocazione melodica della coppia Metheny-Mehldau regna sovrana in entrambi i lavori, cosi’ come la capacita’ di suonarsi attraverso producendo luminosissime cattedrali di note.

Mancano all’appello in questo breve excursus sulla gia’ scintillante carriera del giovane quarantenne Mehldau i lavori in piano solo, gemme preziose incastonate sapientemente nella sua copiosa produzione. Ci fu prima “Elegiac cycle” (1999, e in parte “Places”, 2000) a interrompere la continuita’ del “The Art of The Trio”. Infine giunse il “Live in Tokio” (2003), sintesi del pianismo del musicista di Jacksonville, che attraverso il suo solo strumento, attraverso composizioni non sue ma a lui care, riusci’ a rendere quasi meglio che in altre occasioni il suo pensiero “orchestrale”. Il tempo dilatato, non piu’ scandito dall’incedere rassicurante del contrabbasso di Grenadier, puo’ esprimere piu’ fedelmente emozioni e sensazioni, muovendosi con maggiore liberta’ tra attimi di riflessione e tirate rapsodiche.

E’ proprio questo il Brad Mehldau che ascolteremo nella prima notte del Pomigliano Jazz Festival.

Discografia:

 

Introducing Brad Mehldau
Warner Bros. Records, 1995

Brad Mehldau (piano), Larry Grenadier (bass), Jorge Rossy (drums), Christian McBride (bass), Brian Blade (drums)

The Art Of The Trio (Volume 1)
Warner Bros. Records, 1997

Brad Mehldau (piano), Larry Grenadier (bass), Jorge Rossy (drums)

Live At The Village Vanguard: The Art Of The Trio (Volume 2)
Warner Bros. Records, 1998

Brad Mehldau (piano), Larry Grenadier (bass), Jorge Rossy (drums)

The Art Of The Trio, Volume 3: Songs
Warner Bros. Records, 1998

Brad Mehldau (piano), Larry Grenadier (bass), Jorge Rossy (drums)

Elegiac Cycle
Warner Bros. Records, 1999

Brad Mehldau (piano)

Back At The Vanguard: Art Of The Trio (Volume 4)
Warner Bros. Records, 1999

Brad Mehldau (piano), Larry Grenadier (bass), Jorge Rossy (drums)

Places
Warner Bros. Records, 2000

Brad Mehldau (piano), Larry Grenadier (bass), Jorge Rossy (drums)

Progression: Art Of The Trio (Volume 5)
Warner Bros. Records, 2001

Brad Mehldau (piano), Larry Grenadier (bass), Jorge Rossy (drums)

Brad Mehldau: Largo
Warner Bros. Records, 2002

Brad Mehldau (piano, vibes), Larry Grenadier (bass), Darek ‘Oles’ Oleszkiewicz (bass), Matt Chamberlain (drums), Jorge Rossy (drums), Jim Keltner (drums), Justin Meldal-Johnson (bass), Victor Indrizzo (drums eamp; percussion), Jon Brion (guitar, guitar synth, piano percussion) and others

Brad Mehldau Trio: Anything Goes
Nonesuch Records, 2004

Brad Mehldau (piano), Larry Grenadier (bass), Jorge Rossy (drums)

Brad Mehldau: Live In Tokyo
Nonesuch Records, 2004

Brad Mehldau (piano)

Brad Mehldau Trio: Day Is Done
Nonesuch Records, 2005

Brad Mehldau (piano), Larry Grenadier (bass), Jeff Ballard (drums)

Brad Mehldau and Renee Fleming: Love Sublime
Nonesuch Records, 2006

Brad Mehldau (piano), Renee Fleming (vocals)

Brad Mehldau: House On Hill
Nonesuch Records, 2006

Brad Mehldau (piano), Larry Grenadier (bass), Jorge Rossy (drums)

Metheny Mehldau
Nonesuch Records, 2006

Pat Metheny (acoustic and electric guitars, guitar synth), Brad Mehldau (piano), Larry Grenadier (double-bass, 4,7), Jeff Ballard (drum, 4,7)

Metheny Mehldau: Quartet
Nonesuch Records, 2007

Pat Metheny (electric guitar, 42-string Pikasso guitar, acoustic guitar, guitar synth), Brad Mehldau (piano), Larry Grenadier (bass), Jeff Ballard (drums)

Brad Mehldau Trio Live
Nonesuch Records

 

Brad Mehldau (piano), Larry Grenadier (bass), Jeff Ballard (drums)

Brad Mehldau: Highway Rider
Nonesuch Records, 2010

Brad Mehldau, piano (CD1:1-5, 7; CD2:1-6, 8 ), pump organ (CD1:2; CD2:3), Yamaha CS-80 (CD1:4), orchestral bells (CD1:7; CD2:1, 8 ); handclaps (CD2:2)
Jeff Ballard, percussion (CD1:1, 5; CD2:2), snare brush (CD1:2), drums (CD1:7; CD2:1, 4, 6, 8 ); handclaps (CD2:2)
Joshua Redman, soprano saxophone (CD1:1, 5; CD2:2, 8 ), tenor saxophone (CD1:2, 7; CD2:1, 3, 5); handclaps (CD2:2)
Larry Grenadier, bass (CD1:2, 4, 7; CD2:1, 3, 4, 6, 8 ); handclaps (CD2:2)
Matt Chamberlain, drums (CD1:2, 4, 5, 7, 8; CD2:2, 3); handclaps (CD2:2)
Orchestra, Dan Coleman, conductor (CD1:1, 2, 6, 7; CD2:1, 7, 8 )

 

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