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Lapenna e la passione per la musica afrobrasiliana

LICIA LA PENNA

“I miei primi ascolti di jazz sono senza dubbio legati alla grande passione che mia madre ha sempre nutrito per questo genere. Chiudendo gli occhi, posso ancora rivivere i viaggi in auto assieme a lei quando ero piccola e quasi percepire le note di My Song di Keith Jarrett o la voce di Astrud Gilberto in Agua de beber”. Licia Lapenna il 26 luglio sarà ospite della 28esima edizione del festival con il suo trio con il progetto “Agora Tà trio”. Con lei sul palco Felipe Muniz alla chitarra e Aldo Capasso al basso. L’abbiamo incontrata prima del concerto per poterla conoscere meglio.

“La vera scintilla – racconta la cantante napoletana – è scoccata quando ho iniziato a prendere lezioni di canto e ho avuto la fortuna di capitare nella scuola di musica di Dino Massa, un pianista e compositore jazz di talento. Grazie a lui, ho potuto esplorare il jazz in tutte le sue sfaccettature, immergendomi negli standard classici e avvicinandomi anche a brani più vicini alla fusion e al jazz afrobrasiliano. Durante quel periodo, ho avuto l’opportunità di cantare in diverse formazioni e gruppi giovanili, sperimentando vari generi dal pop al rock al funk. Tuttavia, mi resi conto che il jazz era il mio mondo, probabilmente perché sentivo l’irresistibile necessità di sorprendere me stessa e gli altri attraverso l’improvvisazione e l’espressività”.


LE FOTO DEL LIVE

ph. Titti Fabozzi


E allora cosa è successo?

Ho preso una decisione fondamentale e mi sono iscritta al conservatorio per approfondire ulteriormente la mia conoscenza del jazz. Qui, ho avuto la fortuna di incontrare insegnanti e musicisti straordinari che hanno contribuito a coltivare la mia passione e a migliorare le mie abilità musicali. Tra questi, un mentore eccezionale è stato Carlo Lomanto, il mio insegnante di canto jazz, con cui ho avuto l’opportunità di approfondire ancora di più gli studi e di crescere come artista.

 

Nel canto, quali sono i tuoi modelli di riferimento e in generale nel jazz chi sono i musicisti che più di tutti affascinano?

È davvero difficile rispondere in maniera sintetica. Probabilmente le voci e gli stili che amo di più e di cui risento maggiore influenza sono quelli di Flora Purim, Al Jarreu, Joni Mitchell, Esperanza Spalding, Kurt Elling ma anche Ella Fitzgerald, Carmen Mcrae e Betty Carter. Tra gli strumentisti e compositori che adoro di più invece ci sono sicuramente Chet Baker, Dexter gordon, Clifford Brown, Miles Davis, John Coltrane, Thelonious Monk, Wayne Shorter, Chick Corea, Michael Brecker, e Pat Metheny.

 

Hai partecipato al progetto YJL ci racconti la tua esperienza?

Lo Young Jazz Lab è stata un’esperienza unica. Come direttrice di coro ho avuto l’opportunità di lavorare con tantissimi bambini e ragazzi provenienti da tutta la Campania. Il mio compito è stato quello di guidare e ispirare il coro durante i seminari le prove e le esibizioni cercando di creare un ambiente di apprendimento positivo e inclusivo, in cui ogni membro si sentisse incoraggiato e valorizzato a esprimere la propria creatività musicale. Inoltre è stato un vero privilegio collaborare con altri insegnanti e musicisti di grande spessore, in particolare con il direttore e arrangiatore dell’orchestra Francesco Nastro. Lavorare con lui mi ha permesso di crescere moltissimo come educatrice musicale scambiandoci idee e suggerimenti volti a rendere sempre più stimolanti ed efficaci le interazioni musicali con i ragazzi a partire dalla scelta dei brani e dagli arrangiamenti.Infatti i ragazzi hanno avuto la possibilità di vedere come il jazz può interagire con altre tradizioni musicali ed influenzarle e credo che questo li aiuterà a sviluppare una mente aperta e curiosa nei confronti della musica , rompendo i confini tra i generi e permettendo loro di apprezzarla in ogni sfaccettatura. L’aspetto che mi ha più colpita però sta nel fatto che lo YJL ha dato vita ad una bellissima comunità di giovani musicisti, un ambiente in cui i ragazzi possono crescere insieme, scambiarsi idee sulla musica, sviluppare un senso critico e supportarsi a vicenda condividendo esperienze straordinarie.

 

Su un isola deserta mai senza il disco di….

Un solo disco? Impossibile! Se devo proprio scegliere sono tre: Everyday Everynight di Flora Purim, Friends di Chick Corea e Tales From the Hudson di Micheal Brecker… ma comunque sono troppo pochi!

 

Casa è Agora Tá e cosa ascolterà il pubblico?

Tutto nasce dal sodalizio musicale che qualche anno fa ho stretto assieme al bravissimo chitarrista brasiliano Felipe Muniz. Con lui ci siamo divertiti molto a esplorare un po’ tutti i generi e i ritmi appartenenti alla musica afrobrasiliana che è alla base del nostro progetto. Per l’apertura del concerto di Avishai Cohen saremo in trio assieme all’eclettico bassista Aldo Capasso con cui ho condiviso in passato un altro progetto improntato sulla Fusion brasiliana. Nel nostro repertorio c’è un mix di arrangiamenti di brani della tradizione afrobrasiliana e alcune nostre composizioni originali con l’aggiunta di traduzioni e testi originali in portoghese e in napoletano. L’aspetto ritmico gioca un ruolo fondamentale così come l’improvvisazione e l’interplay attraverso cui cerchiamo di creare momenti unici e dinamici che coinvolgano emotivamente il pubblico. 

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