TONY MIELE NEEDED NOISES Trio

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TONY MIELE NEEDED NOISES Trio
mercoledì 28 luglio | Pomigliano d’Arco – Parco Pubblico Invaso | Accesso ai concerti

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“Con il permesso di Sua Maesta?, ci sono le note che occorrono”; questa sembra fu la risposta di Mozart all’appunto dell’imperatore Giuseppe II, in merito alle presunte troppe note contenute nel “Ratto dal serraglio”. E questa era la storiella che raccontavo al mio amico Cristiano, tecnico del suono, quando stavamo ultimando il mix dell’album, e si ragionava su come intitolare questo lavoro.
“Le note che occorrono”, mi frullava per la testa, indegno omaggio alla storia della musica, titolo provvisorio che proprio Cristiano mi ha suggerito di correggere, con affettuosa ironia, in “i rumori che occorrono”, Needed Noises.

Gia?, perché proprio come alla corte di Giuseppe II, piu? volte avevamo discusso sulla mia insistenza di inserire loop costruiti con campioni di rumori vari, beep elettronici, suoni concreti, e altri pasticci che mi sono divertito a realizzare in fase di pre-produzione. Ma non e? solo questo il rumore necessario. Occorre dare, in piccolo, un contributo, anche minimo, simbolico, irrilevante forse, a rompere definitivamente quel fastidioso muro che qualcuno ha messo fra suoni di provenienza cosi? diversa, magari con delle chitarre, elettriche o acustiche, che eseguono temi in contrappunto con flauti, violoncelli… in maniera morbida, fruibile, cantabile, senza fare i saccenti o i provocatori, quella musica autoreferenziale tanto in voga ormai quasi cinquant’anni fa. Da Davis in poi, anche questo e? jazz, non solo quello eseguito dai moderni boppers, indiscutibilmente eccezionali nel riprodurre quello che Parker e Gillespie suonavano negli anni ’40 del secolo scorso. “Con il permesso di Sua Maesta?”, qui la musica seriale teorizzata da Scho?nberg incontra nuovamente il blues e il be-bop, come gia? succedeva nei voicing usati da Thelonius Monk o da McCoy Tyner, cosi? come fra le note che occorrevano a Mozart ci sono quegli intervalli che da quasi cento anni abbiamo iniziato a chiamare blue notes. Rumore necessario e? anche volgere lo sguardo in direzione della musica di Bach: triadi aperte e un contrappunto vagamente barocco, che confluiscono in ambienti rock e nell’armonia funzionale del jazz, tenendo presente che una parte importante della storia del jazz e del rock e? stata scritta anche in Europa, oltre che in America. Nessuna competizione transoceanica, preferisco pensare ad una pacifica e serena condivisione.

Bach e Mozart scrivevano, ma improvvisavano anche. Del primo, si dice non avesse stima dei musicisti che non erano in grado di improvvisare; del secondo, che qualche volta sul suo spartito, durante i concerti, non c’era scritto niente! E’ storicamente appurato. E a proposito di storia della musica, Steve Reich, ma anche Jimi Hendrix, i Beatles o i Pink Floyd, ne fanno parte, anche se i canoni con cui siamo abituati a studiarla tendono a non prenderli neanche in considerazione. Che cosa hanno le altisonanti quinte vuote della nona sinfonia di Beethoven di cosi? diverso dagli sporchi power-chords chitarristici? Rumorosi incontri occorrono. Incontri, non scontri. L’incontro fra culture, mondi, periodi storici, sapori diversi, forse puo? spaventare o destabilizzare qualcuno, ma sara? sempre una gigantesca occasione per crescere, per migliorare, per rinnovarsi, senza rinunciare alla propria identita?. Anzi, spesso si e? rivelato molto utile a conoscersi meglio, a riscoprirsi. Gli amici a cui ho sottoposto l’ascolto in anteprima di “Needed Noises”, mi hanno fatto notare quanto, tutto sommato, dal suo suono trasudino inevitabilmente il ritmo e la nostalgica melodia delle mie origini partenopee. Non l’ho fatto apposta, ma ne sono contento! Con i miei umili mezzi, ho provato a focalizzare in dieci brani idee del genere. Esse mi sono state suggerite da qualcuno dei libri che ho letto, ma soprattutto dallo studio della musica, che continuo a fare da anni, constatando sempre di essere appena appena all’inizio… I temi sono tutti scritti e arrangiati per chitarra, flauto, violoncello, basso, batteria e suoni elettronici, abbracciando contemporaneamente tecniche di composizione jazzistica, barocca, classica, elettronica, rock, concreta e dodecafonica. Lo sforzo e? quello di far confluire tutto cio? in una dimensione fruibile, “cantabile”, e dalle avvolgenti sonorita?, originali, sorprendenti, ma mai obsolete. Strumenti decisamente classici come cello (suonato sul disco da Marco Pescosolido) e flauto (Domenico Guastafierro) incontrano la chitarra elettrica o acustica, sostenuti da meticolose linee di basso (eseguite da Aldo Capasso), in un contrappunto che quasi vuole sancire la “pace” fra quei mondi musicali tenuti spesso lontani, o avvicinati, a volte, in maniera (a mio avviso) forzosa ed esteticamente discutibile. L’utilizzo dell’elettronica e? poi “filtrato” da competenze ed esperienze ritmiche, timbriche e armoniche, in maniera decisamente originale: suoni utilizzati nella dance, nel pop, nell’hip hop, perdono qui quel ruolo di “spinta frenetica”, per essere trattati come morbidi elementi di orchestrazione. A impreziosire il lavoro, le eleganti parti di batteria eseguite da Gianluca Palmieri, insegnante presso il “Musicians Institute” di Los Angeles, e batterista, fra gli altri, del famoso chitarrista jazz-rock Greg Howe.

FORMAZIONE
Tony Miele (chitarre)
Domenico Guastafierro (flauto)
Francesco Scalzo (violoncello)

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