MICHELE RABBIA: IL SUONO ALLA BASE DELL’ESPRESSIVITÀ
Profondo esteta del suo strumento, infaticabile ricercatore e cultore del suono dall’approccio coloristico, Michele Rabbia è un batterista e percussionista fra i più interessanti e sopraffini dello scenario musicale europeo. Attinge alla tavolozza timbrica della batteria e delle percussioni con sapienza, pathos e strabiliante creatività, cesellando manti ritmici ipnotici, di struggente bellezza. Sabato 5 agosto, insieme a due prodigiosi musicisti come Gianluca Petrella (trombone ed elettronica) ed Eivind Aarset (chitarra ed elettronica), sarà protagonista al Palazzo Caravita di Sirignano, in occasione della ventiduesima edizione del Pomigliano Jazz In Campania. Questo concerto rappresenta un’anteprima assoluta di un nuovo progetto discografico che, prossimamente, sarà pubblicato dalla nota e prestigiosa etichetta ECM.
Suono, dinamiche, pause e silenzi sono elementi imprescindibili del tuo stile. Sono questi i reali punti di forza della tua profonda estetica musicale?
Senza ombra di dubbio quelli elencati sono i parametri su cui poggia la mia idea di musica e di musicista. Sono principi e caratteristiche molto importanti, che consentono al linguaggio musicale di nutristi di elementi fondamentali sui quali costruire il proprio discorso. C’è una sorta di estetica della musica a cui presto molta attenzione, basata sul movimento, sulle contrapposizioni, sui differenti piani sonori e sul reciproco ascolto.
Unitamente alla batteria e alle percussioni, utilizzi con sagacia e gusto l’elettronica e alcuni materiali artigianali che scegli con oculatezza. Quando e perché hai pensato a questa maliarda commistione?
Alla base del mio mondo espressivo c’è il suono, inteso come materia grezza da forgiare e rimodellare. La batteria preparata con oggetti, gli strumenti a percussione e l’elettronica sono un unico contenitore musicale in cui cerco di muovermi. Non sono interessato all’idea della separazione, nel senso strettamente settoriale (il musicista di elettronica, il batterista o il percussionista), semplicemente, per me, è un insieme di sonorità che sommate tra loro danno come risultato un unico banco di lavoro, dal quale posso attingere il colore o la sonorità che mi servono in un determinato contesto. Chiaramente questa scelta nasce da un desiderio e da un percorso personale che si è evoluto nel tempo, anche grazie all’interesse non squisitamente riconducibile al pianeta musica.
Grazie alla tua inesauribile e opulenta cultura musicale, hai avuto l’opportunità di collaborare anche in ambiti legati alla danza, alla letteratura e alla pittura. Come ti sei interfacciato con questi mondi?
Onestamente non credo di essere così colto. Non vorrei apparire monotematico, ma anche in questo caso vale la medesima idea dell’unità e non della separazione. In genere sono un po’ riluttante a utilizzare l’espressione artista o arte in maniera spiccia, ma per una miglior comprensione di quello che vorrei esprimere, a mio avviso, l’arte racchiude in sé un mondo di individui che propongono e divulgano un’idea e una visione originale del proprio sentire. A questa grande famiglia appartengono pittori, musicisti, danzatori, attori, sportivi e tutte quelle persone che, con il loro genio, donano bellezza ed emozione a questo mondo. Personalmente sono sempre stato interessato alla commistione delle arti, la parola che scivola dentro la musica, il gesto del corpo tradotto in suono, e così via, fanno in modo che le varie discipline artistiche si fondano e diventino un tutt’uno.
Hai ascoltato, assimilato e praticato una vasta quantità di generi musicali. Ne esiste uno che meglio esalta le tue rare virtù tecniche e interpretative?
Non credo che esista uno stilema preciso. Una vasta varietà di ascolti apre le menti e la convivenza degli stili che, per quanto estrema possa sembrare, è attuabile. Ho avuto la fortuna di frequentare tanti generi diversi, cercando di estrapolare da ognuno di essi le idee che mi colpivano di più. Il passo successivo è stato quello di inglobare nel mio mondo musicale tutti questi accorgimenti tentando di dare un’identità al mio modo di operare. L’ascolto e la pratica sono gli elementi principali per la formazione. Più il raggio d’azione è ampio, più le possibilità espressive aumentano, ma la frequentazione di mondi esterni rispetto a quello strettamente musicale, secondo me, è fondamentale per una costruzione artistica più completa.
Hai calcato un’infinità di prestigiosi palchi a tutte le latitudini, ad esempio in nazioni come India, Inghilterra, Cina. In che modo è stata accolta e recepita la tua musica oltre i confini nostrani?
Tra il pubblico ho incontrato persone profondamente e sinceramente emozionate, altre sconcertate, alcune non le ho incontrate, perché hanno abbandonato la sala prima della fine del concerto. Ma tutti questi individui, anche se con sembianze diverse, le trovi a Mumbai come a Londra, a Hong Kong come a Roma. Non riesco a dire se quello che faccio è accolto bene o male. Nello stesso modo, o differentemente, si tratta di percezioni diverse e personali per ognuno, qui in Italia come altrove.
Sabato 5 agosto, presso il “Palazzo Caravita” di Sirignano, per la XXII edizione del “Pomigliano Jazz In Campania”, ti esibirai al fianco di due eccezionali artisti come Gianluca Petrella ed Eivind Aarset. Questo concerto è un’anteprima assoluta di un progetti discografico che, a breve, sarà pubblicato dalla celeberrima etichetta tedesca ECM. Quale sarà il fulcro del live e il mood dell’album firmato dalla storica label teutonica?
Sicuramente c’è un forte interessamento da parte dell’etichetta di Monaco di Baviera, ma al momento non vorrei pronunciarmi oltre. Per quanto riguarda il concerto, cercheremo di fondere i nostri materiali musicali, le nostre personalità ed esperienze in un flusso sonoro che spero possa avvolgere e accarezzare l’anima delle persone che verranno ad ascoltarci.
Intervista a cura di Stefano Dentice – Sound Contest – Musica e altri linguaggi
GIANLUCA PETRELLA – EIVIND AARSET – MICHELE RABBIA Trio
sabato 5 agosto , ore 21:00
Palazzo Caravita, Sirignano (AV)
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