Festival 2008 / Concerti e Progetti

Maria Pia De Vito Huw Warren

 

 

 

 

 


Maria Pia DE VITO/Huw WARREN duo

Maria Pia De Vito (voce)
Huw Warren (pianoforte)

E’ un incontro musicale affascinante quello tra la vocalist Maria Pia De Vito e il pianista e compositore inglese Huw Warren. Un concerto-rivelazione di grandissimo impatto, sospeso tra evocazione e improvvisazione. Il canto della De Vito, da sempre improntato al gusto per la melodia, per il ritmo, per il rischio, trova una controparte naturale nella personalità musicale di Huw Warren, compositore imprevedibile, minimalista e contagiosamente ritmico. Vincitore del BBC Jazz Award for Innovation nel 2005, Warren è un musicista versatile e creativo. Collaboratore di Kenny Wheeler, Andy Sheppard, Ian Ballamy, Mark Feldman, Theo Blackmann e della folk singer June Tabor, ha di recente pubblicato “Everything We Love”, un set di improvvisazioni insieme al contrabbassista austriaco Peter Herbert. Fra jazz, canzone contemporanea e sperimentazione, Maria Pia De Vito è una tra le più raffinate vocalist europee. Apprezzata per la sua versatilità e per le straordinarie doti vocali, ha collaborato negli anni con i più grandi jazzisti italiani e con star internazionali come Joe Zawinul, Michael Brecker, Miroslav Vitous e Kenny Wheeler. Il duo, nato lo scorso anno in Inghilterra in occasione del Festival di Appleby, presenta i brani del nuovo disco “Dialektos2, prodotto dall’Auditorium Parco della Musica di Roma. Un lavoro intenso, basato su composizioni originali di Warren, su testi in napoletano della De Vito, su riletture di classici della musica brasiliana – Hermeto Pascoal, Chico Buarque – e sulla poesia “Si fosse n’auciello” di Totò.

ICP Orchestra

ICP Orchestra

Misha Mengelberg (pianoforte, composizione)
Ab Baars (clarinetto, sassofono tenore)
Tobias Delius (sassofono soprano)
Michael Moore (sassofoni)
Thomas Heberer (tromba)
Wolter Wierbos (trombone)
Tristan Honsinger (violoncello)
Mary Oliver (violino)
Arjen Gorter (contrabbasso)
Han Bennink (batteria)

Fondata nel 1967 dal pianista e compositore Misha Mengelberg, figura storica del più estroso jazz del Vecchio Continente, l’olandese ICP Orchestra (Instant Composers Pool) è una delle più originali compagini non solo a livello europeo. Un collettivo, solido e flessibile al tempo stesso, che sin dai primi anni Settanta propone una musica che è un sapiente concentrato d’improvvisazione, composizione e sperimentazione. Una sofisticata e irriverente macchina di divertimento musicale, capace di creare giustapposizioni di stili e linguaggi, con lamenti blues che aprono la strada a feroci dissonanze, cadenze di easy swing improvvisamente interrotte da passaggi di anarchia ritmica. Rodatissima nei suoi ingranaggi, la ICP Orchestra è anche una band estremamente spettacolare, grazie alla straordinaria inventiva dei suoi componenti, tutti fantasiosi solisti. A cominciare dall’incontenibile batterista Han Bennink, che con Mengelberg condivide sin dagli esordi numerosi progetti. Un’altra delle caratteristiche salienti dell’ICP sta nel riuscire ad avvicinarsi alla tradizione del jazz (soprattutto la musica di Duke Ellington e di Herbie Nichols) con quello spirito disincantato che dona alle proprie interpretazioni una freschezza fuori dal comune. Un’occasione unica per incontrare al Pomigliano Jazz Festival è nella prima tappa del tour mondiale che toccherà Giappone, Stati Uniti, Canada e gran parte dell’Europa – il paradigma vivente del significato più alto di musica dal vivo.

Cordoba Reunion

CORDOBA REUNION

Javier Girotto (sassofoni)
Gerardo Di Giusto (pianoforte)
Carlos Buschini (basso)
Minino Garay (percussioni)

Ritorna al Pomigliano Jazz Festival Javier Girotto. Dopo l’esibizione del 2006 con gli Aires Tango e del 2007 in duo con Francesco Nastro, l’attivissimo polistrumentista argentino, di recente protagonista per Itinera del disco “Sea Inside” (con Roberto Gatto, Avishai Cohen e lo stesso Nastro), si presenta al pubblico campano con un altro dei suoi molteplici progetti: Cordoba Reunion. Attivo dal 1999, il gruppo include, accanto a Girotto, Gerardo Di Giusto al pianoforte, Minino Garay alle percussioni e Carlos El Tero Buschini al basso. Tutti nativi della città di Cordoba, i quattro musicisti passano con estrema eleganza dal jazz al folk alla world music, mescolando i più affascinanti ritmi argentini: il tango, la zamba, la chacarera, la milonga, la chaya. Un gruppo di vecchi amici che conosce perfettamente il linguaggio del folklore sudamericano. Improvvisazione sonora e vitalità ritmica sono, per i Cordoba Reunion, elementi fondamentali per creare un sound intenso e armonioso, legato alla tradizione e nel contempo proiettato nel futuro. Il loro album “Argentina jazz”, pubblicato nel 2004 dall’etichetta francese Cristal, vede la partecipazione della star capoverdiana Cesaria Evora e del chitarrista Colacho Brizuela. Il lavoro presenta un repertorio che conserva il fascino delle matrici tradizionali, filtrate da virtuose e originali interpretazioni, frutto delle diverse esperienze musicali e della continua ricerca di nuove scale timbriche. Cordoba Reunion: un lungo viaggio empatico ed emozionale alla ricerca dei ritmi dell’Argentina, passando per Parigi e Roma.

Enrico Pieranunzi Rosario Giuliani

 

 

 

 

 

 

 

 


Enrico PIERANUNZI/Rosario GIULIANI quartet
Omaggio a Monk

Enrico Pieranunzi (pianoforte)
Rosario Giuliani (sassofono)
Enzo Pietropaoli (contrabbasso)
Fabrizio Sferra (batteria)

L’eredità artistica di Thelonious Monk rimane una delle più originali e affascinanti che il jazz ci abbia lasciato. Monk suonava il piano come se non ne avesse mai visto uno prima, dice di lui lo scrittore inglese Geoff Dyer nel libro “Natura morta con custodia di sax”. Un paradosso pieno di verità che racconta di un approccio alla musica fatto di innocenza e creatività. Di un’immersione ogni volta totale in un mondo interno da cui scaturiva una misteriosa forza nativa. Capolavori come “Round Midnight”, “Monk’s Mood” o “Pannonica” sono il frutto di quella straordinaria fantasia.
E’ al mondo musicale di un gigante della storia del jazz, che Enrico Pieranunzi è pianista, compositore e arrangiatore tra i più apprezzati al mondo (già al fianco di Chet Baker, Lee Konitz, Charlie Haden) – e Rosario Giuliani – sassofonista rivelazione della scena europea – rendono il giusto e affettuoso omaggio. I due musicisti, uniti da una lunga e proficua collaborazione, presentano al Pomigliano Jazz Festival il loro tributo al grande Thelonious Monk. Un concerto particolare, che mostra l’evoluzione di un artista unico, di un’anima enigmatica, di una musica senza schemi. A completare il progetto la ritmica dei Doctor3, ovvero il batterista Fabrizio Sferra e il contrabbassista Enzo Pietropaoli. Due musicisti affiatati e apprezzati a livello internazionale, già al fianco di Pieranunzi nello Space Jazz Trio, formazione che per un decennio ha rivoluzionato il modo di fare jazz in Italia.

Randy Weston

Randy WESTON African Rhythms Trio

Randy Weston (piano)
Alex Blake (contrabbasso)
Neil Clarke (batteria, percussioni)

Lo scorso aprile ha compiuto 82 anni. Randy Weston – compositore e pianista originario di Brooklyn, da molti definito come l’erede di Duke Ellington e Thelonious Monk – continua a sorprendere per freschezza e rigore espressivo. La sua musica incarna il più autentico humus afro-americano, traendo inesauribile linfa vitale proprio da un’approfondita ricerca sugli stretti legami fra il jazz e il Continente Nero. Dopo aver suonato in gruppi di rhythm’n blues e collaborato con Kenny Dorham e Cecil Payne, Weston compie negli anni Sessanta i primi viaggi in Africa, iniziando quell’esplorazione ritmica e sonora, oltre che spirituale, che lo porterà a realizzare opere importanti: da “Uhuru Africa” a “Highlife”, da “Blues To Africa” a “The Spirit of Our Ancestor” e “Khepera”. In questa riscoperta radicale del jazz, rimane significativo l’incontro con i Master Gnawa Musicians, depositari di una delle più antiche, affascinanti e misteriose tradizioni del Marocco.
Compositore superbo, Weston ha scritto capolavori quali “Little Niles” e “Hi-Fly”. Come pianista si inserisce nel solco della tradizione di Monk, riprendendo le atmosfere dinamiche e giocose della musica nera. Al Pomigliano Jazz Festival è affiancato dal collaudato African Rhythms Trio, che include il fenomenale contrabbassista Alex Blake e l’estroso batterista Neil Clarke. Una formazione che è lo specchio fedele delle concezioni di una leggenda vivente che non è mai venuta meno ai propri principi, artistici e umani.

Aldo Farias

Aldo FARIAS quintet Languages

Aldo Farias (chitarre)
Jerry Popolo (sassofoni)
Francesco Nastro (pianoforte)
Angelo Farias (basso elettrico)
Alberto D’Anna (batteria)

Musicista e compositore napoletano, Aldo Farias è uno tra i più apprezzati chitarristi europei. Dopo gli studi di chitarra classica, inizia ad interessarsi al jazz suonando con diversi musicisti e, in seguito, con il quartetto Jazz Méditerranée. Da sempre lavora a progetti che tendono alla realizzazione di una sintesi tra la musica afro-americana e quella europea, presentando uno stile originale e creativo. Dotato di una tecnica asciutta, essenziale, priva di inutili ornamenti, nel corso della sua carriera ha collaborato con grandi jazzisti stranieri come Bob Berg, Mike Stern, Andy Emler, Mike Mainieri, Steve Slagle, e con molti dei principali musicisti italiani: Stefano Bollani, Roberto Gatto, Maurizio Giammarco, Tullio De Piscopo, Gianni Basso, Franco Cerri, Massimo Urbani. Al Festival 2008, Aldo Farias, accompagnato dal pianista napoletano Francesco Nastro, dal sassofonista salernitano Jerry Popolo e da una ritmica corposa – Angelo Farias (al basso) e Alberto D’Anna (alla batteria) – presenta il suo ultimo disco “Languages”. Il lavoro, pubblicato dalla Splasc(h) Records, è un viaggio che tocca l’Africa (“Echoes from Africa”), l’America (“One For Bud”), l’Europa (“Praga”) e Napoli (“Mytikas”), unendo attraverso un crossover di blues e jazz mete apparentemente lontane. Ad impreziosire il progetto, la trascinante rielaborazione dello standard “I Fall in Love Too Easily”, che testimonia il talento e le capacità  esecutive di Farias.

Marco Cappelli

Marco CAPPELLI IDR Italian Doc Remix
ospiti Marc RIBOT e DJ LOGIC

Marco Cappelli (chitarre)
Doug Wieselman (clarinetti, sassofono tenore)
Jose Davila (trombone, tuba)
Ken Filiano (basso)
Jim Pugliese (batteria, percussioni)
Mark Ribot (chitarre)
Dj Logic (turntables)

Nuova pubblicazione di Itinera, l’etichetta di Pomigliano Jazz, Italian Doc Remix è il risultato dello scambio artistico tra il chitarrista napoletano Marco Cappelli e il batterista newyorkese Jim Pugliese.
I due musicisti si incontrano in Italia, quando Pugliese decide di dedicarsi alla ricerca dei suoi familiari a Castelnuovo di Conza, in Campania, nel quale Cappelli ha trascorso la sua adolescenza suonando con diversi gruppi di musica popolare.
Dalla loro comune passione per la musica rituale del Sud Italia nasce “Italian Doc Remix”, progetto originale basato sulla rilettura di ritmi e melodie tradizionali del Meridione, alla luce di un approccio improvvisato di marca newyorchese.
Oltre ai due ideatori, il progetto include tre straordinari musicisti: Doug Wieselman (Lou Reed, Tricky, Laurie Anderson, Antony and the Johnsons) al clarinetto e sassofono tenore; Jose Davila (Ray Charles, Henry Threadgill, Tito Puente) al trombone e alla tuba; Ken Filiano (Butch Morris, Joseph Jarman, Frank London) al basso.
Ospiti d’eccezione: il chitarrista Marc Ribot – storico collaboratore di Elvis Costello, Tom Waits e Vinicio Capossela – e il maestro del turntable Dj Logic (fido partner di Marcus Miller), primo disc jockey a esibirsi al “Blue Note”.
Ricchissimo mosaico postmoderno, con un sound impossibile da omologare, IDR frammenta e distorce stili e generi, memorie dal passato e proiezioni nel futuro. Proprio come i riti dell’Italia meridionale, Italian Doc Remix offre un viaggio catartico alla ricerca di nuove identità. Riflettendo il melting pot culturale di New York, disco migrante e di emigranti, IDR riesce a tramutare la tradizione in radicale innovazione.
Il disco – presentato all’Istituto Nazionale di Cultura di New York il 30 giugno 2008 – viene eseguito per la prima volta dal vivo al Pomigliano Jazz Festival, in esclusiva nazionale.

Miles Evans

Gil EVANS Orchestra

Miles Evans (tromba, direzione)
Lewis Soloff (tromba)
Conrad Herwig (trombone)
Chris Hunter (sassofono soprano, flauto)
Sal Giorgianni (sassofono tenore, flauto)
Delmar Brown (tastiere, voce)
Hiram Bullock (chitarra, voce)
Matthew Garrison (basso)
Darryl Jones (basso)
Kenwood Dennard (batteria)

Direttore d’orchestra, compositore e pianista, Gil Evans, nella New York di fine anni Quaranta, è il catalizzatore di varie energie creative, ospitando nel suo appartamento sulla 55esima strada un via vai di geni musicali: Miles Davis, Gerry Mulligan, Dave Lambert, George Russell, Charlie Parker; pronti di lì a poco a rivoluzionare il panorama della musica contemporanea. Dagli esordi discografici come arrangiatore, alla fruttuosa collaborazione con Miles Davis, che porta alla pubblicazione dell’album “Birth of the Cool”, Evans inaugura l’era del cool jazz degli anni Cinquanta. I successivi album con Davis, “Miles Ahead”, “Porgy and Bess”, “Sketches of Spain” e “Quiet Nights”, lo resero famosissimo come arrangiatore e compositore. Nel corso della sua carriera ha pubblicato capolavori quali: “Great Jazz Standards”, “News Bottle”, “Out of the Cool”, “The Individualism of Gil Evans” (con Kenny Burrell, Wayne Shorter ed Elvin Jones). Ha fondato e diretto una delle più longeve e apprezzate orchestre jazz, ricevendo una nomination ai Grammy per l’album “Live at Sweet Basil”. Con la Gil Evans Orchestra si è esibito nelle sale concerto, ai festival e nei club di tutto mondo, pubblicando numerosi dischi, tra i quali il fortunato “Plays The Music of Jimi Hendrix”. A venti anni dalla sua morte, la Gil Evans Orchestra, guidata da Miles Evans, il figlio del grande artista canadese, celebra al Pomigliano Jazz Festival la memoria di uno dei più importanti innovatori della musica del Ventesimo Secolo.

Butch Morris

NUBLU Orchestra
diretta da Butch MORRIS
conduction ® n. 179, Nublu 10

Butch Morris (conduction)
Ilhan Ersahin (sassofono tenore)
Jonathon Haffner (sassofono alto)
Kirk Knuffke (tromba)
Mike Williams (trombone)
Doug Wieselman (chitarra)
Zeke Zima (chitarra)
Juini Booth (basso elettrico e contrabbasso)
Jochen Rueckert (batteria)

Butch Morris è uno dei maestri della musica improvvisata contemporanea, una delle più originali e sorprendenti personalità in quel territorio di confine tra jazz e musica classica. Un artista che ha rivoluzionato l’approccio alla direzione, all’esecuzione e alla composizione orchestrale, inventando Conduction ®: vocabolario di segnali e gesti che permettono di costruire o modificare in tempo reale arrangiamenti e composizioni. Segnali e gesti trasmettono informazioni generative per l’interpretazione e rendono possibili cambiamenti istantanei di armonia, melodia, ritmo, articolazione, fraseggio o forma. Affermatosi negli anni Settanta come specialista della cornetta – suonando accanto a David Murray, Arthur Blythe, Frank Lowe – Butch Morris ha elaborato e perfezionato il concetto di Conduction a partire dalla metà del decennio successivo. Dal 1985 a oggi sono state create oltre 170 Conduction, impiegando più di 5000 musicisti e pubblicando 32 dischi. La sua ultima creazione è la Nublu Orchestra, una formazione che riunisce alcuni dei più eclettici musicisti dell’area newyorkese (membri dei Wax Poetic, la prima band di Norah Jones, Kudu, Forro In The Dark e Brazilian Girls). La band – che prende il nome dal club della Big Apple dove si esibisce settimanalmente – è da molti considerata la più sensazionale formazione del momento. Un flusso sonoro dove si agitano generi diversi: funk, jazz, trip hop e tepori elettronici.
Al Pomigliano Jazz Festival, nella sua unica data italiana, Butch Morris dirige “Conduction n.179 – Nublu 10″.

ONJ

Raiz Meg

 

 

 

 

 

 


O.N.J. Orchestra Napoletana di Jazz
diretta da Mario RAJA
ospiti RAIZMEG – Maria Pia DE VITO – Famouodou Don MOYE
Roberto MASOTTI – Randy WESTON

Mario Raja (direttore)
Marco Sannini, Peppe Fiscale, Matteo Franza (tromba)
Raffaele Carotenuto, Alessandro Tedesco (trombone)
Giulio Martino, Gianni D’Argenzio, Enzo Nini (sassofono tenore)
Marco Zurzolo, Annibale Guarino (sassofono contralto)
Nicola Rando (sassofono baritono)
Pietro Condorelli (chitarra)
Andrea Rea (pianoforte)
Pasquale Bardaro (vibrafono)
Aldo Vigorito (contrabbasso)
Salvatore Tranchini (batteria)

ospiti:
Raiz, Maria Pia De Vito, Meg (voce)
Randy Weston (pianoforte)
Don Moye (percussioni)
Roberto Masotti (video-proiezioni)

L’Orchestra Napoletana di Jazz, promossa dal Circuito Jazz Festival della Provincia di Napoli, raduna alcuni fra i migliori musicisti della scena jazz campana. Diretta dal 2007 da Mario Raja – arrangiatore e compositore, napoletano di nascita, fra i più noti in Italia – presenta un repertorio incentrato su sorprendenti riletture della tradizione musicale napoletana, da Raffaele Viviani a Salvatore Di Giacomo, oltre a composizioni originali di alcuni membri dell’Orchestra. La scrittura di Raja conferisce a tutti i brani una spiccata originalità, combinando lo spirito iniziale con una impostazione marcatamente jazzistica, mai ovvia, affrancata dai modelli americani. Il tutto lasciando grande spazio all’estro e alle grandi qualità di improvvisazione dei solisti. Al Festival 2008, l’Orchestra Napoletana di Jazz sarà protagonista di un concerto inedito, con diversi ospiti speciali, che abbraccerà anche la canzone napoletana moderna. Si aggiungeranno all’Orchestra tre voci partenopee: Raiz, ex Almamegretta, grande interprete dei conflitti antichi e del futuro misterioso di Napoli; la sublime Maria Pia De Vito, tra le più apprezzate vocalist europee; l’estrosa Meg, ex 99 Posse, artista ipnotica e di frontiera. Interverranno, inoltre, due leggende del jazz afro-americano: il pianista Randy Weston ed il batterista e percussionista Famoudou Don Moye. Infine, le video-proiezioni di Roberto Masotti, tra i più accreditati fotografi d’arte e spettacolo di oggi. Un progetto originale per un concerto straordinario, in esclusiva alla tredicesima edizione di Pomigliano Jazz Festival.

Flavio Dapiran

Flavio DAPIRAN quintet

Flavio Dapiran (tromba)
Antonello Altieri (sassofoni)
Michele Di Martino (pianoforte)
Tommaso Scannapieco (contrabbasso)
Franco Gregorio (batteria)

La chiusura della tredicesima edizione di Pomigliano Jazz Festival è affidata ad uno dei nuovi talenti locali, il trombettista Flavio Dapiran. Milanese di nascita, ma pomiglianese d’adozione, Dapiran intraprende giovanissimo lo studio dello strumento. Diplomatosi al Conservatorio di Avellino “Domenico Cimarosa”, inizia un’intensa attività dal vivo con Pietro Condorelli, Marco Sannini, Giovanni Amato e i fratelli Deidda. Lo scorso anno ha collaborato con il Teatro Lirico di Cagliari al progetto “Un’Isola di Musica” ed ha cominciato a comporre i brani del suo debut album, caratterizzato da influenze cool-bop. Il progetto si è consolidato grazie alla collaborazione di musicisti molto apprezzati nella scena musicale campana, che condividono lo stesso spirito e la medesima energia esecutiva: il sassofonista salernitano Antonello Altieri (Wendy Lewis, Karl Potter, Salerno Jazz Orchestra), il pianista napoletano Michele di Martino (Roberto Gatto, Paolo Fresu, Flavio Boltro), il contrabbassista salernitano Tommaso Scannapieco (Peggy Stern, Enzo Avitabile, Joe Garrison) e il batterista italo-tedesco Franco Gregorio (Julian Oliver Mazzariello, Leda Battisti, Francesco Cafiso). Un suono ricercato e non-classificabile caratterizza le composizioni del quintetto che passa con estrema disinvoltura da un genere all’altro, proponendo un repertorio incentrato su standard e brani originali (“Not to me”, “Brain”, “Island Skin”, “Chasing Each Other”, “Frida”). Composizioni melodiche e armonicamente articolate che alternano atmosfere swing e blues a sonorità latine, dalla samba alla bossa nova.

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